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Sindrome dell’intestino irritabile: nuovi studi aprono nuovi orizzonti

La sindrome dell’intestino irritabile è uno dei temi trattati dalla Società Italiana di Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva (SIGE), durante il XXX Congresso Nazionale delle Malattie Digestive a cura della Federazione italiana delle società delle malattie dell’apparato digerente (Fismad).

Si tratta di un disturbo della funzione motoria del tratto digestivo, sia dell’intestino tenue che del colon, che è stimato colpire tra l’8 e il 13% della popolazione occidentale.

“La sindrome è diffusa soprattutto nella popolazione femminile, specie tra le fasce giovanili, con un secondo picco tra i cosiddetti boomer (60-70enni) che seguono uno stile di vita giovanile e hanno modalità di lavoro ancora attive. A essa spesso si associa una grande co-morbidità (cioè la presenza di altre patologie) con i disturbi dell’umore, anche psichiatrici, come depressione e ansia“, spiega Bruno Annibale, ordinario di Gastroenterologia all’Università Sapienza Roma.

Quali sono i sintomi della sindrome dell’intestino irritabile?

sindrome dell'intestino irritabile curaI sintomi sono gonfiore, mal di pancia, alterazione della evacuazione e soprattutto dolore.

Stando alle linee guida Roma IV per i criteri diagnostici dei disturbi gastrointestinali, elaborate dalla Rome Foundation, la sindrome dell’intestino irritabile viene diagnosticata solo in caso di dolore.

Secondo questi studi, la diagnosi è clinica, compiuta ascoltando il paziente, valutando attentamente i sintomi con questionari standardizzati.

Un lavoro difficile, lungo e complesso che richiede molta attenzione da parte del medico.

“Le terapie possono essere diverse, tanto è vero che la sindrome dell’intestino irritabile ancora oggi in realtà riceve un trattamento sintomatico, ma è decisivo avere un colloquio costante con il paziente per identificare la possibile cura”, aggiunge Annibale.

Il ruolo della flora batterica

Negli ultimi anni, “Sempre maggiori evidenze scientifiche hanno associato la sindrome dell’intestino irritabile alla flora batterica, presente non solo nel tratto digestivo basso, ma anche in quello alto, con microorganismi variabili sia per numero che per tipologia a seconda della sede intestinale“, sottolinea Luca Frulloni, Presidente della SIGE e ordinario di Gastroenterologia dell’Università di Verona.

“Tuttavia, i precisi meccanismi attraverso i quali la flora batterica intestinale modifica la funzionalità intestinale non sono ancora stati chiaramente definiti, per l’enorme numero di microorganismi presenti, per la varietà di specie rappresentate, e per la loro variabilità anche nei soggetti sani”; aggiunge Frulloni

“Sono molti e diversi i fattori che influenzano la composizione della flora batterica intestinale, quali per esempio farmaci, l’alimentazione, le malattie. È intuibile come sia ancora difficile comprendere la complessità di tutti questi elementi nel singolo paziente”, riprende Annibale.

Ne consegue che la manipolazione e il miglioramento in senso qualitativo delle popolazioni batteriche, virali e fungine che compongono il microbiota è ancora difficile.

“Quel che è certo, è che a oggi le conoscenze sul microbioma, cioè l’insieme del patrimonio genetico e delle interazioni ambientali della totalità dei microrganismi dell’intestino, del microbiota sono ancora sperimentali e stentano ad arrivare alla pratica clinica. Di conseguenza, sia farmaci che strategie terapeutiche in grado di modulare con efficacia questo nostro patrimonio intestinale sono di difficile ottenimento“, osserva Annibale.

Sindrome dell’intestino irritabile: i test fecali del microbiota

sindrome dell'intestino irritabile diagnosiRiguardo all’utilità clinica dell’impiego dei test fecali del microbiota, messi a disposizione da diverse strutture anche on line, ci sono ancora dei dubbi.

“Si tratta di test per lo più commerciali che dimostrerebbero eventuali riduzioni, modificazioni della numerosità, anche di una specie batterica singola, che però le società scientifiche internazionali non hanno mai validato. Di fatto, l’interpretazione di questi test fecali è assolutamente ancora lontana dal farne un esame diagnostico perché, per esempio, ciò che sta nelle feci non corrisponde esattamente a quello che invece è clinicamente significativo e rilevabile nell’epitelio intestinale, ma ottenibile solo con biopsie attraverso la colonscopia“, conclude Annibale.

La sindrome dell’intestino irritabile è collegabile a malattie cardiovascolari?

Alcuni dei meccanismi biologici che causano la sindrome dell’intestino irritabile (IBS) potrebbero essere in comune con le malattie cardiovascolari (CVD).

Lo rivela lo studio di un gruppo di ricerca internazionale, comprendente scienziati dell’Università LUM Giuseppe Degennaro, IRGB-CNR, CEINGE e Università di Napoli Federico II, della Monash University (Australia), CIC bioGUNE (Spagna) e dell’Università di Groningen (Paesi Bassi).

Il team ha anche analizzato le somiglianze tra la genetica che predispone all’IBS e quella di altre malattie comuni: oltre alla nota sovrapposizione con disturbi dell’umore e d’ansia come rivelato negli studi precedenti, hanno identificato un nuovo legame con varie condizioni e malattie del sistema cardiovascolare, inclusa l’ipertensione, cardiopatia ischemica (coronarica) e angina pectoris.

“Trovo che questo sia il risultato più importante del nostro studio. La consapevolezza che il corredo genetico alla base dell’IBS contribuisce in modo simile alla CVD ci suggerisce che alcuni farmaci e approcci terapeutici utilizzati per trattare l’una o l’altra patologia potrebbero essere applicati  per trattarle entrambe“, conclude il professor Mauro D’Amato, Ordinario di Genetica Medica dell’Università LUM.

 

 

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