Pene curvo: che cos’è? Tutto, fuorché uno scherzo. Quella che con termine latino si chiama Induratio penis plastica è una patologia che colpisce il tessuto connettivo e riguarda il 5% degli uomini.
Questa fibrosi è localizzata nella tunica albuginea del pene: parliamo della guaina che riveste i corpi cavernosi dell’organo.
Pene curvo: una condizione, questa, che è associata a dolore. Si determinano, in correlazione con la curvatura anomala del pene, la disfunzione erettile, il rientro, la perdita di circonferenza e l’accorciamento.
Che cosa avviene di fatto? Nella parte si forma una placca calcifica, responsabile di una curvatura del pene più o meno rilevante. Ma quali sono le cause? Si ritiene che il problema sia collegato a fattori eziologici, come i microtraumi, legati a rapporti sessuali o traumi diversi da essi.
Pene curvo: prevenzione
Al fine di prevenire, si consiglia di assumere la vitamina E, adatta a muovere contro l’insorgere di simili forme di sclerosi. E ancora: la vitamina indicata facilita e rende efficace la terapia farmacologica, indotta con ionoforesi.
Pene curvo: trattamenti
Sebbene molti e vari trattamenti siano stati presi in considerazione, non ce n’è nessuno che a oggi sia risultato efficace.
Possono essere applicate terapie farmacologiche generali, oppure trattamenti locali: per esempio la terapia con laser ad ultrasuoni, o ancora l’infiltrazione di farmaci all’interno della placca. In quest’ultimo caso, si tratta di cortisonici depot o calcioantagonisti, come il verapamil, che agiscono inducendo il regresso della calcificazione. Si muove contro la malattia, riducendone i sintomi e arginandone l’evoluzione. Per raddrizzare il pene, si applicano meccanismi di trazione.
La somministrazione locale peniena di farmaci, attraverso la laser-foresi, è stata introdotta di recente.
Pene curvo: ricadute psicologiche
Pensate alle ricadute psicologiche della problematica.
Parlarne è difficile ed è possibile che si tema che questo grosso fastidio venga notato. Evitare i falsi pudori: ecco un consiglio, che in effetti gli uomini seguono sempre di più. Comunque, si tratta di un aspetto per il quale un uomo non trova positivo distinguersi.
Pene curvo: rischi di cancro?
C’è di più: oggi, c’è chi dice che si associano a questa condizione, non proprio lieta per il genere maschile, rischi maggiori di cancro.
La stampa nazionale e straniera, in effetti, ha pubblicato una nuova ricerca statunitense. Sulla base di quest’ultima, chi soffre della patologia pene curvo avrebbe il 40% di possibilità in più di avere un tumore al testicolo o allo stomaco e il 29% di chance in più di sviluppare un melanoma.
Si aggiunge un’ombra in più a una patologia che non ha nulla di roseo? Ragioniamo sul collegamento, scomponiamone i dettagli: è possibile che tra il pene curvo e le forme di cancro ci sia un rapporto di causa ed effetto? Nell’intento di fare chiarezza, ci aiuta un esperto.
La notizia, come appare chiaro, era destinata a non passare inosservata. La Società italiana di Urologia oncologica (Siuro) ha calmato gli animi, pubblicando la notizia: “Non è ancora stato accertato e riconosciuto in modo inequivocabile il legame tra il disturbo del pene curvo e un maggiore rischio di insorgenza di alcune forme di cancro. Vanno evitati inutili allarmismi e i pazienti italiani, che hanno questo problema genitale, devono sottoporsi ad ulteriori accertamenti solo se richiesti e prescritti da un medico specialista”. Secondo le parole del professor Alberto Lapini, presidente eletto della Siuro, comunque, “La ricerca è molto dettagliata e presenta numeri importanti e interessanti. Tuttavia non fornisce prove significative circa le cause e le modalità di correlazione (appunto, ndr) con neoplasie molto diverse e che interessano differenti apparati dell’organismo. Sono malattie che colpiscono principalmente pazienti di diverse fasce d’età. Il carcinoma testicolare, per esempio, interessa soprattutto i giovani, mentre l’età media dei partecipanti allo studio è di 48-50 anni. Molto probabilmente a favorire l’insorgenza di queste patologie oncologiche è uno o più geni. Gli scienziati americani devono ora riuscire a valutare e approfondire questa possibile causa con ulteriori indagini che saranno molto probabilmente molto lunghe e difficili. Il pene curvo o malattia di Peyronie è un disturbo in crescita nel nostro Paese. Non sappiamo se questo è dovuto ad un aumento reale del numero di nuovi casi oppure all’incremento delle diagnosi. Oggi, infatti, gli uomini hanno meno pudore e più consapevolezza verso le malattie genito-urinarie e quindi sono più propensi ad farsi visitare da uno specialista. Tuttavia non abbiamo ancora dati certi e il disturbo può colpire fino al 4% degli italiani di tutte le età. E’ più frequente tra la popolazione maschile over 50, mentre è davvero raro tra gli under 30. In attesa di nuovi riscontri vogliamo quindi rassicurare tutti gli italiani afflitti da pene curvo. Bisogna continuare a considerare solo i fattori di rischio oncologico finora accertati. E’ quindi fondamentale seguire sempre stili di vita sani ed equilibrati, a partire dall’alimentazione e dal controllo del peso corporeo. Infine chi soffre di disturbi genitali deve sottoporsi regolarmente ai controlli con l’urologo“.
Pene curvo: una cura
La collagenasi di clostridium histolyticum è utile per la cura del pene curvo. Secondo il professor Alessandro Palmieri, presidente della Società italiana di Andrologia (Sia), “La patologia prevedeva fino a un anno fa solamente terapie palliative con scarse evidenze scientifiche. L’arrivo di questo nuovo trattamento ha rivoluzionato le aspettative dei pazienti, per i quali è finalmente auspicabile un miglioramento oggettivo della curvatura peniena, evitando interventi chirurgici complessi”.
Aggiunge il professor Nicola Mondaini, consigliere della Società italiana di Andrologia e primo esecutore di tali trattamenti in Italia, esattamente un anno fa: “Duecento i pazienti trattati nel primo anno in Italia, oltre il 50% proprio a Firenze, con un’età media di 54 anni, il più giovane di 15 anni a confermare la possibile predisposizione genetica della malattia; 96% i pazienti con un miglioramento oggettivo, 80% quelli contenti del risultato che consiste in un miglioramento medio di 20 gradi, con punte fino a 40”.