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Ipercolesterolemia familiare: nuovi orizzonti nella cura della malattia

La medicina ha compiuto, soprattutto negli ultimi anni, degli enormi passi avanti.

Tuttavia, parlando di malattie rare, c’è ancora molto lavoro da fare.

È il caso dell’ipercolesterolemia familiare -specialmente nella versione omozigote- una malattia ereditaria che può colpire anche i bambini in tenera età.

Pensare al fatto che questi giovani pazienti abbiano davanti a loro una vita di trattamenti costosi, invasivi e talvolta nemmeno sufficienti, costringe il settore della ricerca medica a trovare nuove soluzioni terapeutiche.

Ipercolesterolemia familiare: differenze tra eterozigote e omozigote

L’ipercolesterolemia familiare (FH) è una malattia ereditaria in cui un’alterazione genetica provoca livelli estremamente elevati di colesterolo nel sangue.

ipercolesterolemia familiare curaIl risultato? Molteplici problematiche al sistema cardiovascolare.

In particolare, ad aumentare è il colesterolo LDL (Low Density Lipoproteins, lipoproteine a bassa densità), il cosiddetto ‘colesterolo cattivo‘. Si può parlare di questa malattia quando il colesterolo raggiunge e supera valori maggiori a 400 mg/dL (4o0 g di colesterolo LDL per decilitro di sangue).

Nella maggior parte dei casi, la patologia è dovuta a mutazioni a carico del gene che codifica per il recettore delle LDL, il quale, non funzionando correttamente, non riesce a ‘catturare’ le particelle di colesterolo LDL e a permetterne la rimozione dal sangue.

La FH può presentarsi in due forme: l’ipercolesterolemia familiare eterozigote, meno grave e spesso asintomatica, che si verifica quando un bambino eredita una sola copia del gene difettoso da uno dei suoi genitori, e l’ipercolesterolemia familiare omozigote, molto rara ma anche molto più grave, che insorge quando un bambino eredita il gene difettoso da entrambi i suoi genitori.

I numeri della malattia

“Questa malattia genetica è più frequente nei gruppi chiusi nei quali i geni hanno minore possibilità di ricombinarsi tra loro. In Italia l’ipercolesterolemia familiare omozigote, la forma più grave, colpisce circa una persona su 480 mila. Tuttavia, in Sardegna i casi aumentano a 1 su 80 mila“, spiega Angelo Baldassare Cefalù, Professore Ordinario di Medicina Interna, Università di Palermo e U.O. Medicina Interna e Dislipidemie Genetiche, A.O.U. Policlinico Paolo Giaccone di Palermo.

Diagnosi dell’ipercolesterolemia familiare

La diagnosi di ipercolesterolemia familiare può essere fatta sulla base dell’anamnesi personale e familiare del paziente e sull’identificazione di alcuni segni clinici che, se presenti, sono indicativi della malattia: i più comuni sono dei rigonfiamenti sui tendini del tallone e delle mani (xantomi) o sulle palpebre (xantelasmi).

La conferma diagnostica si ottiene mediante test genetico volto ad individuare le mutazioni coinvolte nella patogenesi della malattia (l’alterazione del corretto stato fisiologico).

È importante che la diagnosi venga fatta il prima possibile, perché il trattamento è tanto più efficace quanto prima viene iniziato.

L’aferesi: una terapia impegnativa che non è più sufficiente

“La migliore soluzione per contrastare l’ipercolesterolemia familiare omozigote, negli ultimi anni, era costituita dall’aferesi: ma questo trattamento non può essere considerato una soluzione definitiva”, aggiunge Marcello Arca, Professore Ordinario di Medicina Interna, Sapienza Università di Roma e Direttore del Dipartimento di Medicina Transazionale e di Precisione, Sapienza Università di Roma.

L’aferesi può essere paragonata, in un certo senso, alla dialisi per i reni.

L’aferesi terapeutica è una procedura extracorporea di purificazione del sangue, mediante un macchinario, in grado di rimuovere efficacemente patogeni, agenti chimici e cellule dal sangue o dal plasma del paziente: in questo caso ovviamente si parla di rimozione del colesterolo LDL.

“Questa tecnica riduce solo temporaneamente i livelli plasmatici di colesterolo LDL (fino al 60% dei valori registrati prima della procedura), ma circa la metà dei pazienti va incontro a un rebound ai valori pre-aferetici anche se si incrementa la frequenza delle sedute. Inoltre, non è sempre disponibile in tutti i Paesi, presenta dei costi non indifferenti, richiede l’impiego di personale specializzato e l’utilizzo a lungo termine di accessi vascolari, con le relative problematiche di gestione”, spiega il prof. Maurizio Averna, responsabile dell’U.O. di Medicina Interna e Dislipidemie Genetiche del Policlinico “Paolo Giaccone” di Palermo.

Questo target corrisponde a meno di 100 mg/dL in soggetti adulti, in prevenzione primaria, e meno di 70 mg/dL in soggetti adulti affetti da eventi cardiovascolari, in prevenzione secondaria.

Immaginate la vita di un bambino che ogni 10 giorni deve essere accompagnato in ospedale per essere sottoposto ad aferesi per il resto dei suoi giorni: il quadro non è incoraggiante.

Nuove alternative terapeutiche

  • Lomitapide

ipercolesterolemia familiare diagnosiPer fortuna la Ricerca sta portando al settore alcune interessanti novità per trattamenti più efficaci e meno invasivi.

È il caso della lomitapide, una piccola molecola che arriva al fegato e blocca la produzione delle lipoproteine VLDL (che portano al colesterolo LDL).

Il farmaco è stato approvato dalla Commissione Europea nel luglio 2013, per l’uso in pazienti adulti affetti da ipercolesterolemia familiare omozigote come terapia adiuvante di una dieta a basso tenore di grassi e di altri farmaci ipolipemizzanti, con o senza aferesi delle lipoproteine a bassa densità (LDL).

“L’efficacia e la sicurezza della lomitapide sono stati ampiamente studiati e confermati in studi clinici di Fase II e III e il suo utilizzo nella pratica clinica ha mostrato una riduzione superiore al 50% dei livelli plasmatici di colesterolo LDL“, spiega Averna.

Una speranza per il futuro, considerando che si tratta di una normale pillola per bocca.

Gli effetti collaterali registrati riguardano disturbi gastrointestinali quali nausea, crampi addominali, diarrea.

  • Evinacumab

Un’altra possibile soluzione terapeutica è rappresentata dagli anticorpi monoclonali.

È il caso di Evinacumab, il principio attivo del farmaco Evkeeza, approvato dalla Commissione Europea come coadiuvante della dieta e di altre terapie per la riduzione delle lipoproteine a bassa densità del colesterolo (LDL-C) per il trattamento di pazienti adulti e adolescenti a partire dai 12 anni di età affetti da ipercolesterolemia familiare omozigote (HoFH).

“Evkeeza è il primo trattamento di questo genere per l’HoFH ed è il primo anticorpo monoclonale approvato e commercializzato che inibisce la proteina angiopoietina-like 3 (ANGPTL3)”, ha dichiarato José Luis Moreno, Vice Presidente e General Manager per Italia, Spagna e Portogallo di Ultragenyx.

Evkeeza viene somministrato tramite infusione endovenosa di 60 minuti ogni 4 settimane. Il trattamento è ora disponibile per la prescrizione ai pazienti con HoFH in Italia.

“Siamo orgogliosi di annunciare la rimborsabilità di Evkeeza in Italia per il trattamento dell’ipercolesterolemia familiare omozigote (HoFH) e siamo grati all’incredibile comunità di pazienti HoFH e agli operatori sanitari di tutto il Paese che ci hanno aiutato a rendere disponibile questo trattamento”, aggiunge José Luis Moreno.

Il trapianto di fegato

Un’ulteriore alternativa terapeutica per i pazienti omozigoti è il trapianto di fegato.

Tuttavia, la bassa probabilità di trovare un donatore adatto, i rischi dell’intervento chirurgico e la necessità di un trattamento a vita con farmaci immunosoppressori dopo l’operazione sono le ragioni per cui sono stati eseguiti pochissimi trapianti di fegato per trattare questi pazienti.

 

 

Copertina: Foto di Karolina Grabowska: https://www.pexels.com/it-it/foto/salutare-persona-cuore-mano-4386466/

Foto di Artem Podrez: https://www.pexels.com/it-it/foto/persona-donna-lavorando-tecnologia-5726794/

Foto di cottonbro studio: https://www.pexels.com/it-it/foto/persona-ritratto-medico-infermiera-5722164/

About Umberto Urbano Ferrero

Umberto Urbano Ferrero, collaboratore - Torinese d’origine, cittadino del mondo per credo. Laureato in Lettere moderne, ama l’arte in tutte le sue forme e viaggia per conoscere il mondo, oltre che se stesso. Umberto è appassionato di sport e Urbano, al contrario di ciò che l’etimologia suggerisce, apprezza la vita a contatto con la natura. Ritiene la curiosità una delle principali qualità in una persona, caratteristica essenziale per guardare il mondo da più angolazioni.

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