Il consumo di cannabis porta a fumarsi il cervello?

Il consumo di cannabis porta a fumarsi il cervello?

Il consumo di cannabis non crea dipendenza.

La cannabis non fa male, infatti trova anche usi e applicazioni medico-terapeutiche.

Questi, e altri falsi miti, è probabile che siano stati diffusi tra i giovani da parte di coloro che hanno interesse a far circolare sostanze stupefacenti.

Tuttavia, la cannabis non è una droga leggera e il suo consumo è causa di gravi conseguenze a livello cerebrale.

Consumo di cannabis: per quali motivi si inizia a fumare?

Con i termini ‘Cannabis’ o “Cannabinoidi’ si intendono tutte le sostanze psicoattive, cioè capaci di alterare lo stato psicofisico di un individuo, che si ottengono dalle infiorescenze femminili della pianta di Cannabis sativa.

Il consumo di cannabis porta a fumarsi il cervello?
Antonio Bolognese

Secondo un recente report dell’European Monitoring Centre for Drugs Addiction (EMCDDA), l’Italia condivide con la Francia un triste primato.

Ben 66 mila giovani, al di sotto dei 14 anni, consumano cannabis. L’età in cui un ragazzo frequenta ancora le scuole medie.

Ma non solo. Quasi un terzo degli italiani, con una percentuale che si aggira intorno al 27%, hanno provato almeno una volta la cannabis. Il 15%, in una fascia compresa tra i 15 e i 34 anni, nell’ultimo anno.

“Oggi stiamo assistendo al fenomeno della cultura del cosiddetto ‘sballo‘. E la cannabis rappresenta uno degli strumenti attraverso i quali i giovani possono stordirsi durante le serate della movida“, spiega Antonio Bolognese, responsabile del gruppo lavoro prevenzione danni causati da cannabis nei giovani promosso da OMCEO Roma.

“Quello dell’Italia è un triste primato, specialmente se consideriamo che il cervello continua a svilupparsi fino ai 21 anni. La cannabis, infatti, è responsabile di alcune alterazioni neuropsichiche e, pertanto, iniziare così presto comporta gravi conseguenze“, afferma Alessandro Vento, psichiatra e psicoterapeuta, responsabile dell’Osservatorio sulle dipendenze.

Il consumo di cannabis porta a fumarsi il cervello?
Alessandro Vento

I motivi per cui i giovani iniziano a fumare cannabis possono essere molti.

Per esempio, la peer pressurevale a dire la pressione dei coetanei. A volte un singolo elemento in un gruppo può trascinare anche gli altri, anche per sfida o per gioco.

Anche la cultura familiare esercita un ruolo chiave. In famiglie in cui si consuma cannabis è più probabile non solo che un ragazzo inizi a fumare, ma che cominci anche da giovanissimo.

“Un aspetto rilevante è rappresentato dalla cosiddetta ‘automedicazione‘. Vale a dire la necessità di evadere una realtà che non appaga. Per esempio, nel caso in cui la quotidianità sia segnata da stati d’animo ansiosi o, addirittura, depressivi”, commenta Vento.

La cannabis di ieri vs la cannabis odierna

“La cannabis utilizzata oggi è come un vino con una gradazione alcolica del 40-50%, è una droga di nuova generazione, assolutamente non leggera“, commenta Vento.

“Rispetto a uno ‘spinello’ del ’68, uno attuale ha una potenzialità di 80 volte maggiore di produrre effetti negativi a livello cerebrale”, aggiunge Bolognese.

Il contenuto di tetraidrocannabinolo (THC), il maggior componente psicoattivo della cannabis, è raddoppiato rispetto a una decina d’anni fa, passando dall’8% al 16%, mediamente, della composizione.

Invece, il contenuto di Cbd (cannabidiolo), in grado di compensare svariati effetti nocivi del THC, è diminuito, con conseguente maggior rischio di dipendenza e di insorgenza di disturbi psicotici.

Consumo di cannabis e danni cerebrali

Le più moderne tecniche di neuroimaging, tra cui TAC e risonanza magnetica, che permettono la visualizzazione delle aree cerebrali, hanno permesso di individuare nel cervello di chi utilizza sostanze stupefacenti delle modifiche, talora permanenti, indotte dalle droghe, con ripercussione sullo sviluppo e sul funzionamento cerebrale.

Per esempio, tra i consumatori di cannabis si registra, generalmente, un assottigliamento della corteccia prefrontale, la regione dell’encefalo che interviene nel controllo degli impulsi, delle emozioni, della memoria e della concentrazione, e che completa la sua maturazione intorno ai 20- 21 anni.

“Il THC, insieme ad altri cannabinoidi, ha un effetto epigenetico. Modificando la struttura genetica di alcune cellule cerebrali, porta a una produzione difettosa delle proteine“, commenta Vento.

In cosa si traducono questi danni cerebrali, per un consumatore di 1-2 grammi al giorno?

  • Ad un primo livello, che potremmo definire più leggero, il consumatore di cannabis può sperimentare stati di ansia e, talvolta, anche attacchi di panico. “È importante citare la sindrome amotivazionale che colpisce molti dei giovani fumatori di cannabis”, continua Vento. Si tratta di un disordine psichiatrico che induce il soggetto all’isolamento. Ciò avviene perchè la persona non è più stimolata positivamente dalla sua vita. Che si tratti di scuola, amici, lavoro, sport, relazioni sentimentali e familiari, ognuno di questi campi viene messo in secondo piano. “Questo disturbo, soprattutto dal punto di vista dei genitori, è difficile da riconoscere. Uno studente con voti eccellenti può ritrovarsi a non voler più uscire dalla sua stanza, evitando qualsiasi interazione sociale. Tuttavia, atteggiamenti simili sono difficili da distinguere proprio perchè, considerando l’età dei consumatori di cannabis a cui si fa riferimento, subentrano in gioco tutti i fattori legati al difficile periodo adolescenziale“, spiega Bolognese. La sindrome amotivazionale è un problema serio e fortemente disabilitante, in quanto il soggetto diventa un peso per se stesso, per la famiglia e, di riflesso, per la società. Inoltre, anche la perdita della memoria è un punto da non trascurare, poichè il THC compromette la normale cancellazione di alcuni circuiti neuronali, generando caos nel cervello, con la conseguente perdita di ricordi.
  • Il secondo livello, ancora peggiore, è caratterizzato da una serie di disturbi dell’umore che possono portare a gravissime conseguenze. Stiamo parlando di forme di depressione e aumento del rischio di suicidio, entrambi indotti dalla mutazione epigenetica. Ma non solo. Possono insorgere anche disturbi psicotici come la schizofrenia, con la tipica alternanza di stati depressivi ed euforici senza una chiara motivazione. “La schizofrenia, inoltre, può portare a comportamenti aggressivi sia in famiglia che nelle occasioni di sballo della movida”, afferma Bolognese.

Cannabis per uso terapeutico

È bene precisare che tutto ciò che è stato detto non ha nulla a che fare con la cannabis terapeutica. L’Istituto Farmaceutico Militare di Firenze produce due sostanze attive di origine vegetale a base di cannabis e segue rigide norme per la percentuale di THC e CBD al loro interno. In questo caso, quindi, si tratta di una cannabis che potremmo definire ‘utile’ nel trattamento di disturbi cronici associati a sclerosi multipla o a lesioni del midollo spinale, e per ridurre il dolore in alcuni casi di terapia oncologica. È acquistabile esclusivamente attraverso autorizzazione medica.

Legalizzazione della cannabis

Il consumo di cannabis porta a fumarsi il cervello?Un tema molto spinoso quello legato alla legalizzazione della cannabis.

C’è chi sostiene che questo passo potrebbe giovare allo Stato in quanto andrebbe a contrastare gli introiti che derivano dalle associazioni della criminalità che la distribuiscono.

Tuttavia, c’è chi non è d’accordo.

Legalizzare la cannabis in Italia potrebbe non essere una buona soluzione. Sdoganarla vorrebbe dire, implicitamente, che si tratta di qualcosa di non pericoloso, di una droga leggera che non crea dipendenza. In alcuni Stati degli USA, per esempio, il consumo di cannabis è stato reso legale . La conseguenza? Un aumento di suicidi, incidenti stradali e ricoveri ospedalieri“, afferma Bolognese.

Ma le conseguenze non finiscono qui.

È stato condotto un esperimento su un campione di 1000 persone nate in Nuova Zelanda, a Dunedin, tra il 1972 e il 1973, seguite fino all’età di 38 anni.

Dallo studio, pubblicato sulla rivista scientifica PNAS e coordinato da Madeline Meier della Duke University di Durham, in North Carolina, è emerso un dato allarmante.

Chi aveva fatto consumo di cannabis in adolescenza aveva, rispetto ai coetanei che non avevano utilizzato sostanze stupefacenti, un quoziente intellettivo inferiore di 8 punti“, commenta Vento.

Questo studio è stato, nel tempo, sia approvato che smentito, e la principale causa di contestazione riguardava il fatto che il campione fosse troppo piccolo per trarre queste conclusioni.

Tuttavia, tornando ai punti sopraelencati riguardanti i danni cerebrali legati al consumo di cannabis, tutto porta a pensare che, in qualche modo, il detto ‘fumarsi il cervello‘ non sia così lontano dall’immaginazione.

 

 

 

 

 

 

 

Copertina: Foto di Aphiwat chuangchoem: https://www.pexels.com/it-it/foto/persona-che-tiene-canabis-verde-2178565/

Foto di Michael Fischer: https://www.pexels.com/it-it/foto/fotografia-a-fuoco-poco-profonda-della-pianta-di-cannabis-606506/

About Umberto Urbano Ferrero

Umberto Urbano Ferrero, collaboratore - Torinese d’origine, cittadino del mondo per credo. Laureato in Lettere moderne, ama l’arte in tutte le sue forme e viaggia per conoscere il mondo, oltre che se stesso. Umberto è appassionato di sport e Urbano, al contrario di ciò che l’etimologia suggerisce, apprezza la vita a contatto con la natura. Ritiene la curiosità una delle principali qualità in una persona, caratteristica essenziale per guardare il mondo da più angolazioni.

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