Sandi Ward, storia di un gatto e della sua famiglia

Sandi Ward, storia di un gatto e della sua famiglia

 Sandi Ward è nata in Massachusetts e ora vive in New Jersey con la famiglia e la sua gatta nera, Winnie.

Ha studiato scrittura creativa alla New York University e lavora come copywriter in un’agenzia pubblicitaria.

Per il suo romanzo d’esordio ha scelto una storia che avesse come protagonista un gatto, anzi una gatta, che vive insieme alla sua famiglia un momento assai critico.

“Il gatto che soffiava via la tristezza” è il titolo in traduzione italiana: si distacca molto da quello in lingua originale, che tendeva a sottolineare una scelta particolare, sorprendente.

“The Astonishing Thing” è infatti non tanto la scelta di vita della gatta Boo, quanto piuttosto l’idea di Sandi Ward di raccontare tutta la storia attraverso i suoi occhi felini.

Due le riflessioni in proposito.

La prima è che ormai i gatti sono tra i personaggi principali di molti romanzi, che li hanno elevati a dignità di filosofi domestici.

Sulla scia dei romanzi di autori giapponesi che molta fortuna hanno avuto tra i lettori occidentali è iniziata un’opera di pacifica invasione felina nelle trame degli scrittori.

I neko cafè o gli uffici coi gatti che dormono nei cassetti appartengono però a una cultura che da sempre è riverente nei confronti di questi animali, ha un substrato che non si può semplicemente riprodurre senza che sia stato prima assorbito.

Trasformare i gatti in magici portatori di felicità pare a volte più un’operazione commerciale che non il risultato di un’impostazione di pensiero: nel caso di Sandi Ward si ha l’impressione di trovarsi nel primo dei suddetti casi.

Certo è che i gatti hanno spodestato i cani dalle pagine dei libri e sembrano intenzionati a mantenere il primato raggiunto.

Una seconda riflessione riguarda la tecnica di scrittura di Sandi Ward, che costruisce l’intera storia servendosi del procedimento dello straniamento.

Quanto succede tra le mura domestiche – unico sistematico contesto – è raccontato dalla gatta, che da Boo è diventata Tata.

La vita che scorre davanti ai suoi occhi è da lei narrata, interpretata, giudicata, accettata o rifiutata.

Mantenere quest’unico punto di vista per più di duecento pagine non è semplice, perché spesso banalizza il racconto.

Se si vuole mantenere la coerenza, bisogna immaginare che tutto appaia filtrato da un’intelligenza che umana non è, se si viene meno a questo basilare principio si scivola nell’incoerenza, ed è ciò che qui accade.

Lo straniamento è una tecnica eccellente nei racconti brevi, come dimostrano scrittori come Fredric Brown o Franz Kafka, molto meno efficace nei romanzi.

Tata, la gatta di Sandi Ward

Tata è naturalmente una gattina molto intelligente.

Da randagia qual era, è stata trovata abbandonata per strada e portata a casa da Carrie, moglie di Tommy e madre di Jimmy, Mary e Finn.

Strano destino, il suo: la donna che l’ha salvata e a cui è devotamente affezionata sarà colei che la abbandonerà con gli altri membri della famiglia.

Per non smentire l’assunto di Tolstoj, anche questa famiglia è infelice a modo suo: un marito annientato dal distacco della moglie, due adolescenti privi di una madre nel momento più turbolento della crescita, un neonato con seri problemi di salute abbandonato senza scrupoli.

Questo è lo scenario che appare agli occhi di Tata sin dalle prime pagine, perché Sandi Ward spiega i fatti pregressi mediante ripetute analessi.

E’ una famiglia psicologicamente complessa, ognuno dei suoi componenti ha una stratificazione  di vissuti da analizzare per arrivare a capire i loro comportamenti, compresa Carrie.

Appare evidente che il punto di vista di Tata è fortemente limitante.

Si parla di bipolarismo, di depressione, di abbandoni che segnano per la vita: affidarsi a un gatto per illustrare questi aspetti genera superficialità e leggerezza inadatte.

Che sia capace di soffiare magicamente via la tristezza è un’utopia che non regge, come tutti i gatti può con le sue fusa e il suo calore essere d’aiuto a combattere la solitudine, non certo a colmare i baratri affettivi.

Anche per Sandi Ward una famiglia disfunzionale

I componenti della famiglia di Carrie sono raffigurati nel momento in cui sono stati travolti dal suo abbandono.

Solo col procedere dei fatti si comprende che questa scelta è stata dettata dalle condizioni di salute di Carrie, dal suo combattere contro fantasmi invisibili ma distruttivi.

La nascita di Finn ha peggiorato le cose, impedendole di assumere i suoi farmaci in gravidanza e precipitandola nella depressione.

Tata ne difende le scelte egoisticamente, ci dice che la colpa è di Tommy e che Carrie tornerà dai suoi figli.

Visione limitata di una gatta, che non può conoscere le tante sfaccettature della mente umana e dunque non può raccontarle.

Come lettori, imparando a conoscere i personaggi capiamo che ci sono due versioni da ascoltare prima di giudicare, che colpa e innocenza non sono prerogative assolute di uno o dell’altra.

Jimmy e Mary si trovano a dover fare gli adulti con Finn, il padre, vigile del fuoco, conta molto su di loro e sulla nonna, salvo poi fiondarsi sulla terapeuta del piccolo, Charlotte, senza esitazione.

I drammi interiori dei due adolescenti, evidenziati dalle ferite sul braccio di Jimmy o dai capelli tagliati e colorati da Mary, non sono adeguatamente sviscerati, sembrano essere un dato di fatto da non discutere.

Persino Tata è spaesata affettivamente, non sa più chi risollevare e da chi essere coccolata prima, perché in fondo è un gatto e ha diritto all’incoerenza.

In una casa dove non esistono più pasti caldi cucinati ma solo panini o pizze, dove ognuno ha i suoi spazi e li difende strenuamente, dove il piccolo umano cresce lontano dai rumori del mondo sarà necessaria la presenza di Charlotte per riportare un po’ d’ordine.

In conclusione?

Al momento di tirare le fila nella conclusione Sandi Ward non ha potuto far altro che costruire un finale edificante, sistemando ognuno al suo posto.

Carrie è felice col suo nuovo compagno, i figli hanno ricominciato a vederla e Tommy si sta risollevando insieme a Charlotte, mentre Tata si gode la pace ritrovata.

Va bene non voler essere pessimisti, voler cercare un bicchiere sempre mezzo pieno anche quando si è rovesciato sul tavolo, ma un finale come questo è adeguato solo se visto dal punto di vista del gatto.

Perché il gatto, si sa, è un animale molto indipendente ma anche un po’ egoista.

La ciotola del cibo tornata ad essere sempre piena è un motivo di per sé sufficiente a far gongolare la protagonista.

E di tutti gli accidenti umani, dei dolori causati da perdite, distacchi, menomazioni, malattie mentali, che cosa può saperne un gatto?

E quindi cosa può importargliene una volta abbassatisi i livelli di tensione?

Non molto, a maggior ragione se basta soffiare via la tristezza e tutti vivranno felici e contenti.

Sandi Ward, storia di un gatto e della sua famigliaAUTORE : Sandi  Ward

TITOLO: Il gatto che soffiava via la tristezza

EDITORE : Garzanti

PAGG. 240     EURO  17,90  (versione eBook euro 9,99)

 

 

 

 

 

 

 

About Luisa Perlo

Luisa Perlo, Critico Letterario dopo una vita spesa tra i banchi di scuola. Amante dei libri, dei gatti e dei viaggi, considera la lettura lo strumento più efficace per crescere, migliorarsi e trovare il proprio posto nel mondo.

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