Philippe Meirieu, un pamphlet sulla scuola

Philippe Meirieu, un pamphlet sulla scuola

Philippe Meirieu è professore emerito di Scienze dell’Educazione presso l’Università Lumière Lyon 2.

Autore di libri tradotti in tutto il mondo, ha guidato molte ricerche e ha partecipato all’elaborazione di importanti riforme scolastiche, volte al miglioramento della situazione generale della scuola, non solo di quella francese.

Appartiene a questo filone “Chi vuole ancora gli insegnanti?”, una riflessione rapida, pragmatica e del tutto condivisibile sul mondo della scuola.

I LIBELLI.  Informare, riflettere, dibattere di Armando Editore

Il saggio di Philippe Meirieu fa parte di una nuova collana inaugurata da Armando Editore.

Con interventi di autori impegnati nei più diversi campi disciplinari la collana propone testi argomentati che in poche pagine cercano di offrire alcune risposte a questioni importanti e ineludibili dell’attualità.

Libelli è uno spazio di informazione e di approfondimento per chi crede che la prevalenza dell’argomentazione razionale sull’opinione urlata sia il fondamento del vivere civile e delle nostre libertà democratiche.

Si tratta di riflessioni incalzanti, straordinarie nella loro ordinarietà perché offrono uno spaccato sociale di cui è necessario prendere coscienza.

Il punto di partenza può essere “La comunicazione manipolata. Rischi e inganni” di Anna Oliverio Ferraris.

Il nostro mondo si basa sulla comunicazione e questa deve essere efficace, in contesti multiformi.

Ma essa dovrebbe essere anche chiara, trasparente, senza fini ingannevoli o manipolatori.

Anna Oliverio Ferraris, che è stata professore ordinario alla facoltà di Psicologia della Sapienza di Roma, dà gli strumenti per individuare le strategie psicologiche raffinate dei manipolatori e annullarle.

Un contesto in cui la comunicazione dovrebbe essere priva di strumentalizzazione è certo la scuola: i due libri si fondono dunque in un percorso univoco, di sensibilizzazione culturale.

Philippe Meirieu: di chi è la scuola?

A chi appartiene la scuola?

Domanda solo in apparenza scontata, di questi tempi: incalzati dalle Intelligenze Artificiali, ci si chiede quale ruolo abbia ancora l’individuo nei processi educativi.

La scuola è degli studenti e degli insegnanti, i due unici elementi fondanti senza i quali essa non esisterebbe.

L’insegnante rappresenta quell’insostituibile «variabile umana» che accompagna ogni allievo nell’apprendimento, relazionandosi empaticamente con lui grazie alla sua capacità di comprenderlo (Enrico Bottero).

Torna ad imporsi l’arte della maieutica socratica, la capacità di far sgorgare dall’altro le risposte alle domande, senza fornirgliele preconfezionate.

Possiamo immaginare una scuola in cui questo ruolo sia affidato ad una macchina, per sofisticata che essa sia?

Eppure troppo spesso l’insegnante è relegato ad un ruolo secondario, quasi burocratico, schiacciato tra incombenze che nulla hanno a che fare con la relazione con gli allievi e le richieste, le accuse, le speculazioni dei genitori.

Le previsioni relative al futuro di Philippe Meirieu non sono accattivanti:

quando uno Stato è costretto a fare pubblicità per reclutare coloro a cui affidare l’educazione dei ragazzi e dei giovani, quando gli insegnanti vengono definitivamente declassati sia sul piano finanziario che su quello sociale, quando il Ministero vuole trasformarli in docili esecutori di prescrizioni tecnocratiche e i loro superiori li spingono a considerare i genitori come clienti, è chiaro che la nostra democrazia ha già rinunciato a costruire il futuro.

Esiste la scuola desiderata da Philippe Meirieu?

Dobbiamo dunque tutti rassegnarci e rinunciare a future generazioni cresciute con la dovuta attenzione?

Certamente no, il pensiero espresso da Philippe Meirieu è una voluta provocazione, associata alle indicazioni di rotta.

La scuola è un sistema di caos organizzato: nessun alunno è uguale a un altro, nessun professore è la copia di un collega, la variabile umana gioca un ruolo predominante.

Ed è questa la sua fortuna, una realtà tutt’altro che arcaica e demonizzabile.

Sarebbe davvero auspicabile, ci dice Philippe Meirieu, che i giovani apprendessero conoscenze e competenze guardando video e non frequentando la scuola?

Gli insegnanti dovrebbero allora essere relegati a ruoli di baby sitter prima e di tutor poi, senza responsabilità nella trasmissione del sapere.

Non è questo il futuro della scuola, naturalmente.

Il primo passo da fare è però capire che la scuola va cambiata, che le sue regole risalenti al XIX secolo sono da svecchiare, da adeguare al presente.

Questo non vuol dire che la relazione docente/discente possa essere sostituita per esempio da una didattica a distanza: gli esperimenti in merito relativi ai mesi della pandemia hanno mostrato la loro debolezza.

Un colpo di spugna sul consumismo scolastico

Il consumismo scolastico identificato da Philippe Meirieu è nocivo sotto ogni aspetto, ha fatto del successo individuale «a buon mercato» (massimo risultato con il minimo sforzo) la chiave di volta dell’intera organizzazione scolastica.

Invece di promuovere l’autonomia dei ragazzi si valorizza la capacità di arrangiarsi, di procedere grazie all’astuzia.

A ciò va aggiunta la diffusa abitudine di valutare la bontà di un insegnamento attraverso una valutazione quantitativa permanente, che si basa su elementi oggettivi ed elude l’immenso comparto delle emozioni, sensazioni, percezioni.

L’insegnante crea situazioni, inventa dispositivi e offre risorse a persone di cui non potrà mai controllare completamente la coscienza e il comportamento. Ha una sola via da seguire: proporre e riproporre.

L’insegnante è colui che accompagna il bambino prima e l’adolescente poi alla scoperta dell’altrove, trasmettendo la conoscenza ma anche una relazione con la conoscenza.

Tutto questo anche le macchine più sofisticate non sono in grado di farlo.

Essere insegnante, per Philippe Meirieu, significa portare in classe, ogni giorno, i principi che sono alla base della stessa possibilità di esistenza di una democrazia.

Il cammino da fare è lungo, i cambiamenti da apportare sono tanti e l’autore li elenca con lucida consapevolezza, facendoli apparire possibili e neppure troppo difficili.

Attraverso adeguate riforme l’insegnante tornerebbe ad essere se stesso, a gioire dei dubbi instillati, delle ricerche provocate, delle risposte mai considerate del tutto soddisfacenti.

Prevarrebbe finalmente la dimensione umana dell’insegnamento, il cardine fondante per offrire alle nuove generazioni la possibilità di costruirsi un avvenire.

Il pensiero del filosofo Umberto Galimberti

“L’insegnante deve insegnare.

 Per farlo serve una capacità empatica e comunicativa, la fascinazione. Se non apri il cuore, non apri nemmeno la testa delle persone.

 Se uno non sa affascinare, comunicare, non può fare il maestro o il professore, è meglio che cambi lavoro.

Educare vuol dire condurre qualcuno all’evoluzione, dall’impulso all’emozione, dall’emozione al sentimento.

 Per educare bisogna avere a che fare con la soggettività degli studenti, che oggi è messa fuori gioco.

Anche la scuola è serva del modello tecnico.

 I ragazzi non contano più come soggetti ma solo nelle loro prestazioni.

Io credo che l’insegnamento passi attraverso l’esempio e la condivisione di sentimenti da parte del docente.

Un ragazzo se avrà sentimenti buoni sarà predisposto ad atti d’amore e di comprensione e non ad atti d’odio razziale, di prevaricazione, di vandalismo.

 I sentimenti, l’emotività, la sensibilità non si possono insegnare ad un adolescente: si possono suscitare e rafforzare attraverso l’apprezzamento.”

L’empatia, l’arma vincente anche per Umberto Galimberti.

 Philippe Meirieu, un pamphlet sulla scuolaAUTORE : Philippe Meirieu

TITOLO : CHI VUOLE ANCORA GLI INSEGNANTI?

EDITORE : Armando Editore

PAGG. 60     EURO 10,00

 

 

About Luisa Perlo

Luisa Perlo, Critico Letterario dopo una vita spesa tra i banchi di scuola. Amante dei libri, dei gatti e dei viaggi, considera la lettura lo strumento più efficace per crescere, migliorarsi e trovare il proprio posto nel mondo.

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