Marco Franzoso è scrittore caleidoscopico, abile nel passare dall’uno all’altro dei generi narrativi creando stupore nel lettore.
Basti pensare ai suoi esordi con opere in grammelot italo-veneto, nelle quali già emergeva la sua passione per la lingua e la sua complessità.
Sono poi arrivati i racconti e i romanzi, nei quali la contaminazione dei generi è stata una cifra distintiva, tanto che ne sono derivati spettacoli teatrali e sceneggiature cinematografiche.
Non poteva mancare un accurato saggio sulla scrittura letteraria, una vera e propria mappa per orientarsi tra le pagine di grandi e piccoli autori.
Infine, dopo essersi mosso con fluidità tra il romanzo sentimentale e quello psicologico, ecco il thriller, anomalo come solo Marco Franzoso avrebbe potuto fare, “La lezione”.
Con Marco Franzoso tra gli stereotipi di genere
Gli appassionati del genere vivono con la dovuta ansia, anima di un’impalcatura di aspettative e interpretazioni risolutive, le vicende che portano dall’incipit alla conclusione un thriller classico.
Fin dalla prima pagina l’autore scardina questo presupposto, in modo spiazzante.
Una sola pagina in cui vittima e carnefice, persecutore e perseguitato sono già faccia a faccia, in un contesto di normalità ribaltata.
Sono un uomo e una donna, in attesa di sorseggiare una tazza di the.
Una somma di movimenti minimi che si succedono minuziosamente descritti e poi l’elemento di plateale disturbo: il bollitore dell’acqua che diventa un’arma usata contro di lui, violentemente.
Un incipit drammatico, che conduce alla necessità di un’analessi di due settimane, nelle quali si sono fissati i presupposti del gesto aggressivo.
Al termine del recupero del passato non una conclusione della vicenda, anzi, il suo contrario: è proprio in quel momento recuperato, in quel bollitore violentemente sbattuto contro il viso dell’uomo che ha inizio la discesa negli inferi costruita da Marco Franzoso.
Una storia a incastro
Marco Franzoso padroneggia con sicurezza le tecniche narrative e le tante sfumature del linguaggio, tanto da saper creare con queste e non con scene di violenza gratuita la tensione percepibile nelle sue pagine.
La donna e l’uomo che si sono fronteggiati nella prima pagina sono un avvocato e un suo ex assistito.
Elisabetta Sferzi è un giovane avvocato che lavora in un piccolo studio di associati barcamenandosi tra separazioni, spaccio e piccoli conteziosi: non esattamente il sogno di una vita.
Il suo ex assistito, condannato per violenza e abuso, è un uomo dalla psicologia complessa e complicata, che lo ha portato a crearsi la convinzione che le uniche regole valide siano quelle da lui imposte.
Angelo Walder non le ha perdonato quella condanna, ha minacciato un suo ritorno a fine pena, ha creato in Elisabetta un sentimento di malessere stemperato nel corso del tempo.
Sino a quando non è ricomparso all’improvviso, riportando il passato nel presente.
E’ un incastro perfetto di tempi che si rincorrono, il romanzo di Marco Franzoso.
La scena iniziale che mette in campo gli attori principali trova la sua spiegazione in un passato recente giustificato da un altro passato più remoto, base per un futuro ancora da scrivere.
In un’intervista rilasciata all’uscita del romanzo l’autore sottolineò come fossero stati i protagonisti della finzione a dirigere lo scrittore verso la costruzione dei fatti e non viceversa.
L’autore ha dato vita a Elisabetta e Walder che hanno poi scritto da sé la loro storia, drammatica e imprevedibile.
Marco Franzoso, il mondo visto al femminile
L’intera narrazione è gestita al femminile, con una identificazione mimetica di Marco Franzoso in Elisabetta Sferzi.
Sono sue le paure, le ansie, i pensieri positivi e negativi, le difficoltà relazionali, le scelte determinanti, i passi razionali e quelli emotivi.
Di Elisabetta sappiamo tutto o quasi.
Il lavoro non la soddisfa ma le permette di vivere, i colleghi le rendono la vita più complicata, il fidanzato la vede come seconda a se stesso, gli amici non sono sempre così disinteressati.
Una vita comunque impostata su binari solidi, sino a quando dal nulla ricompare Walder, prima una presenza inquietante e quasi onirica, poi un soggetto in carne e ossa, minaccioso per il suo solo essere sempre nei paraggi di Elisabetta.
Nel momento in cui lei lo rivede uscito dal carcere ha inizio il suo inferno: Walder è il suo stalker, sa come agire in modo subdolo, senza minacce concrete.
Per due settimane Elisabetta lo percepisce ovunque, sino a quando se lo trova di fronte a casa, sulle scale del palazzo, dentro il suo appartamento.
Il turbinio dei suoi pensieri è rapidissimo, reso dall’autore con frasi veloci, sincopate, scarnificate.
E’ la condizione della vittima che si trova involontariamente a facilitare l’azione del carnefice, dello psicopatico, del mostro che si accanisce contro la donna comune, indifesa.
Elisabetta può essere soltanto come l’insetto prigioniero di un bicchiere capovolto che vediamo in copertina?
Quali percorsi di pensiero può intraprendere una donna contro un uomo pericoloso come Walder, che ha fatto entrare in casa sua?
Pensare e agire devono essere un tutt’uno, in un avvincente incalzare di possibilità da non lasciarsi sfuggire.
Soli dentro casa, possono scambiarsi ruolo?
L’avvocato Sferzi sa che ogni esitazione può essere fatale e arriva d’impulso all’idea del bollitore come arma, non senza aver creato un clima di finta distensione per far abbassare le difese al suo nemico.
Sì, i ruoli possono ribaltarsi ed è su questo gioco al massacro psicologico che l’autore costruisce la seconda parte della sua narrazione, senza alienare il focus.
Una donna nuova e un uomo che scopriamo diverso da come lo avremmo immaginato si fronteggiano a lungo, in un contesto che ha perso ogni traccia di normalità, sino alla conclusione.
Che cosa è normale e cosa no?
Marco Franzoso ha abituato i lettori a entrare e uscire insieme a lui dai personaggi, seguendone i percorsi di trasformazione e/o crescita.
La lezione che qui impartisce loro ha molteplici aspetti, ma fondamentalmente afferma l’idea del mutamento necessario, dell’impossibilità di rimanere sempre negli stessi panni, definendo i contorni precisi della normalità.
Come Elisabetta, siamo tutti pronti ad avvicinare la violenza tanto stigmatizzata in astratto quando la realtà ce lo chiede.
Essere preda non piace a nessuno e troppe volte si è obbligati a rimanerlo, senza via di fuga.
Basta però anche solo uno spiraglio per scatenare il desiderio di rivalsa, di rivestire i panni del più forte, di chi decide le sorti non solo proprie ma anche altrui.
Sono l’uomo e la donna comuni, quelli dalla vita noiosa e abitudinaria che possono esplodere all’improvviso, come Elisabetta, capace di trasformare in azione il suo pensiero, in forza la sua paura, in persecuzione maniacale il giusto diritto a vivere libera e lontana dal pericolo.
TITOLO : La lezione
EDITORE : Mondadori
PAGG. 396 EURO 21,00 (versione eBook euro 10,99)