Fabio Carbone, un racconto dal sapore kafkiano

Fabio Carbone, un racconto dal sapore kafkiano

Fabio Carbone, pugliese della provincia di Lecce, laureato in giornalismo, è un analista di contenuti radiotelevisivi.

Tra il 2016 e il 2020 ha fondato e diretto la casa editrice Ofelia, prima di mettersi in gioco come autore con il suo primo romanzo.

Dal mondo atavico del  Salento ha raccolto la leggenda dell’uru, diventato l’impalpabile protagonista della sua storia.

“Uru” racconta la storia breve quanto intensa di un giovane che fa conoscenza con questo folletto dispettoso che, come tramandano le leggende popolari, si manifesta principalmente di notte.

Ha la pessima abitudine  di sedersi sul petto del dormiente, impedendone il regolare respiro durante il sonno e procurandogli incubi spaventosi.

Gli piace comunque manifestare la sua presenza, per cui fa baccano con le pentole in cucina, intreccia le code ai cavalli e i capelli agli umani, ruba il cibo agli animali domestici che gli stanno antipatici e solletica le fanciulle tra le gambe.

Se nell’antico mondo contadino l’uru aveva sostanza reale, tanto da far giurare a qualcuno di averne fatto esperienza diretta, per Fabio Carbone diventa un simbolo del nostro inquieto presente.

I risvegli drammatici di Paolo, il protagonista umano, evocano alla mente il risveglio del Gregor Samsa della “Metamorfosi” kafkiana: il primo sente su di sé il peso del mostruoso e animalesco folletto, il secondo si trova trasformato in un gigantesco e ripugnante insetto.

In entrambi in casi il mondo animale è utilizzato per simboleggiare le inquietudini, le dipendenze, le angosce dell’uomo moderno, che lo spersonalizzano e lo destabilizzano di fronte alla diversità.

Un anonimo e fragile protagonista umano costruito da Fabio Carbone

Fabio Carbone è uno scrittore giovane, che conosce perfettamente le dinamiche del contesto lavorativo relative al mondo giovanile.

Il mondo ambivalente e precario dei call center diventa la straniante quotidianità del suo protagonista, Paolo.

Qui egli lavora da tempo, sebbene avesse inizialmente considerato tale impiego come temporaneo, in attesa di trovare di meglio.

E’ invece diventato il lavoro quotidiano, forse perché il meglio cercato da Paolo nel sud Italia, in una zona esplosa a livello turistico e non diversamente, proprio non c’è.

A Fabio Carbone non sfugge il senso di frustrazione che accompagna chi lavora soltanto per abitudine, per racimolare uno stipendio necessario, senza uno slancio impossibile in giornate lavorative stressanti e monotone.

Paolo mente ripetutamente al telefono sapendo di mentire, accusa i colpi delle risposte insofferenti, a volte degli insulti, se va bene dei rifiuti gentilmente espressi.

Non ha amici, ma solo colleghi ancora illusi che si sforzano di costruire reti di relazioni, condivisioni di pensieri, ma trovano in lui solo un muro di silenzio.

Paolo ha da poco perso sua madre, il sostegno del suo crescere e maturare, ritrovandosi con un padre incapace di andare oltre formali scambi di poche parole.

Ogni occasione è buone perché Paolo si allontani sempre più da lui, in una relazione malata che non sembra poter sfociare in nulla, col rimorso per di più di essere stato la causa ultima della morte della madre.

Neanche Giulia, la sua ragazza, riesce a  smuoverlo dall’antro buio in cui si è rifugiato per sfuggire a tutto, ma soprattutto all’uru.

Un malvagio folletto metafora delle inquietudini umane

La storia narrata nel breve ma intenso romanzo di Fabio Carbone prende le mosse dal momento in cui Paolo è già vittima delle incursioni notturne dell’uru.

Trascorre notti tormentate, lo sente nella stanza e su di sé, alterna incubi  a sensazioni di realtà, diventando schiavo della paura.

Non è un folletto dispettoso a disturbare il suo sonno, sono le sue angosce, i suoi sensi di colpa, il suo senso di inadeguatezza nei confronti della realtà, lo scarto tra le sue aspettative del passato e l’immobilità, l’ignavia del presente.

Paolo vive costantemente nell’inquietudine e nell’insoddisfazione, si è trasformato in un uomo anaffettivo, respingente  nei confronti dell’amicizia e dell’amore.

Sa di vivere un’esistenza che, nonostante la sua laurea, non porta da nessuna parte, insoddisfacente e incompiuta, ma purtroppo senza possibili alternative.

L’uru che gli fa visita di notte è la concretizzazione di questi sentimenti, l’insieme delle frustrazioni del presente associate alla paura per il futuro.

Sono pensieri che Fabio Carbone ha saputo rendere zoomorfi concentrandoli in un essere dal pelo ispido, dalle unghie taglienti, dal peso insostenibile se collocato sul torace.

Le diverse forme che la sindrome depressiva assume a seconda dei soggetti possono apparire concrete, addirittura tangibili, come avviene con l’uru.

E Paolo è fragile, troppo fragile per potersi opporre al suo male oscuro.

Con Fabio Carbone il fantastico incontra il poliziesco

Pur continuando a passare da un incubo a un altro, da un’angoscia ad un’altra, Paolo tiene per sé il segreto dell’uru, sino a quando Giulia non lo convince ad avvicinarsi alla psicoterapia.

Ma non è questo mondo razionale che cerca delle risposte, bensì quello ancestrale delle vecchie indovine, delle masciare come donna Teresa.

Il suo nome emerge quando il call center viene travolto dalla notizia della morte inspiegabile della Direttrice responsabile, che si stava occupando della sua delocalizzazione in Romania.

Carla Alberta Scudieri diventa, dopo morta, un improvviso riferimento per Paolo, un contatto con il mondo notturno popolato dall’uru che assume una connotazione concreta: se l’incubo è condiviso, se viene nominato, allora esiste.

Il mondo moderno in cui Paolo vive male trascina con sé memorie lontane di terre arse dal sole e povere, di contadini ormai sparuti innamorati della loro terra ancora non devastata da un turismo di massa, che ha portato ricchezza ma anche distruzione.

Nel contrasto tra antico e moderno Paolo continua la sua lotta per sopravvivere, sia realmente che metaforicamente.

E’ una lotta impari, quella tra Paolo e la bestia malefica, che gli toglie il sonno e lo soffoca schiacciandogli il petto.

E’ una lotta che lascia dietro di sé delle vittime, perchè la battaglia che è impossibile vincere è quella con i propri demoni interiori.

“Nessuno può fare a meno delle proprie illusioni per sopportare il peso dei turbamenti che ogni giorno ci fiaccano il respiro.

Non si può uccidere il male senza uccidere l’uomo.”

Fabio Carbone, un racconto dal sapore kafkianoAUTORE : Fabio Carbone

TITOLO : Uru

EDITORE : Fernandel

PAGG. 120    EURO 12,00   (versione eBook euro 6,49)

 

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About Luisa Perlo

Luisa Perlo, Critico Letterario dopo una vita spesa tra i banchi di scuola. Amante dei libri, dei gatti e dei viaggi, considera la lettura lo strumento più efficace per crescere, migliorarsi e trovare il proprio posto nel mondo.

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