Dario Ferrari, uno sguardo ironico e amaro sulla nostra Storia

Dario Ferrari, uno sguardo ironico e amaro sulla nostra Storia

La ricreazione è finita: questo il titolo del romanzo di Dario Ferrari che tanto successo di pubblico ha avuto negli ultimi mesi.

E’ una frase accattivante, sia per chi la associa pedestremente ai tempi della scuola, quando la ricreazione era il momento clou della mattinata, sia per chi ne ha memoria storica.

Fu infatti il Presidente francese De Gaulle a pronunciarla, considerando chiusa la protesta studentesca del 1968, nel momento in cui invitò gli studenti a tornare allo studio nelle loro aule.

In ogni caso, queste parole sono comunque simbolo di qualcosa che  sta andando verso una conclusione, che non può sperare in altro se non in una sua ripetizione.

Nel romanzo di Dario Ferrari si legano alla vita di un gruppo di ragazzi vissuti nell’Italia degli anni Settanta, nel clima di rivoluzione violenta più volte annunciata e troppe volte messa in atto contro vittime innocenti.

Dario Ferrari, leggere la realtà su piani sovrapposti

L’idea del romanzo nel romanzo non è un’invenzione di Dario Ferrari, ma di certo colpisce il modo in cui ha saputo declinarla, uscendo dagli schemi più consueti.

In letteratura è stato scritto di tutto e di più, trovare idee originali è impresa non facile, ma a volte è sufficiente spostare di qualche grado il punto di vista e l’attenzione dei lettori è catturata.

Dario Ferrari, messi da parte gli stratagemmi modulati sul famoso romanzo manzoniano, propone un esercizio nuovo di costruzione e interpretazione.

Due vicende convivono nelle stesse pagine,  una contemporanea e una risalente agli anni Settanta, con un loro percorso autonomo e soltanto per caso venute a sovrapporsi.

Solo per motivi di studio di un dottorando viareggino la storia di un gruppo di suoi coetanei vissuti in quegli anni difficili balza in primo piano, rubandogli temporaneamente la scena.

Il presente non è confinato all’incipit e al finale, come accade spesso, ma padroneggia lasciando al passato uno spazio ampio ma ben definito, chiuso nei suoi limiti non debordanti.

Si può capire il tempo odierno senza conoscere il passato?

Ovviamente no, ma non deve essere necessariamente il passato degli Aldo Moro o dei Carlo Casalegno, figure stagliatesi con forza su uno sfondo grigio e fumoso.

Può essere la storia di un gruppo di giovani viareggini trovatisi impreparati ad affrontare dei cambiamenti epocali, incapaci di leggere tra le righe di una propaganda politica accattivante.

Due tempi storici, due protagonisti: Marcello Gori, eterno studente  e dottorando per caso all’Università di Pisa, e Tito Sella, scrittore di poca fortuna e brigatista dichiarato degli anni Settanta.

Un Dottore in Filosofia racconta l’ambiguo mondo universitario

Dario Ferrari è Dottore in Filosofia e dunque conosce bene i meccanismi che regolano il sistema universitario italiano.

Le logiche di mercato, gli scambi tra baroni, i convegni di alto livello tanto costosi quanto inutili, i privilegi accordati senza che la meritocrazia abbia voce: questo e altro ancora denunciavano gli studenti che occuparono le Università italiane dopo il ’68 francese.

Questo e molto altro domina ancora nei corridoi degli Atenei odierni, dove il dottorato di ricerca è un’appendice di un percorso di laurea che non offre sbocchi di lavoro adeguati.

Lo sa bene il protagonista Marcello Gori, che è stato studente per anni, posticipando senza fretta l’ingresso nel mondo del lavoro.

Suo padre, proprietario del bar di famiglia, considera inutile la sua Laurea in Lettere e vorrebbe che si occupasse del locale.

Per spirito di contraddizione – la ribellione va oltre i suoi limiti – partecipa ad un concorso per un Dottorato in Lettere, certo di non avere chances.

E invece il caso lo porta ad ottenere la borsa e a entrare nel mondo accademico.

Di lui Dario Ferrero fornisce un’immagine senza sconti: è un trentenne sfaticato, con una fidanzata studentessa modello a medicina che lo supporta, attento a  evitare ogni rischio e pericolo.

Ritrovarsi per caso dottorando dell’esimio Professor Sacrosanti lo scaraventa nel mondo di chi con lo studio deve lavorare a fondo, un mondo che non ha mai praticato.

Sarcasmo, ironia, amarezza intridono il resoconto dell’autore su questo mondo, in cui tutto è perennemente procrastinato e l’oggi è sempre uguale ai giorni precedenti, caratterizzato da promesse di successo infondate.

Eppure ciò che per uno studente appassionato potrebbe essere una delusione cocente (e lo sarà per un amico di Marcello sino alle estreme conseguenze) per lui è tutto una scoperta, un crescere in consapevolezza che lo porterà a fare le prime vere scelte della sua vita.

Tito Sella, il terrorista-scrittore ideato da Dario Ferrari

L’anziano barone Sacrosanti affida a Marcello, come argomento di ricerca per il dottorato, uno studio su Tito Sella, che lo condurrà a Parigi per visionare importanti archivi.

Marcello non sa assolutamente chi sia, ma non può opporsi e inizia un lavoro di ricerca che lo catapulta negli anni Settanta, gli anni di piombo.

Di Sella si possiedono alcune opere, ma non la sua autobiografia, andata persa e mai ritrovata.

Sella fu catturato, arrestato e condannato come brigatista e morì in carcere, dunque non vi è possibilità di testimonianza diretta.

L’iniziale sconcerto di Marcello si modula però lentamente in interesse, tanto che nasce in lui l’idea di scriverla, la biografia di quell’uomo, romanzando i documenti in suo possesso.

Alla storia di Tito e dei suoi amici, la brigata Ravachol, l’autore  dedica la parte centrale del romanzo, ricostruendo con attenzione il mondo giovanile di quegli anni, in cui non sempre a dominare era l’ideologia.

Iniziali azioni rappresentative, interventi a rischio, ma sempre senza vittime, potevano sfociare in mattanze, come fu per Tito e i suoi amici.

Marcello ricostruisce la loro storia e Dario Ferrari mette implicitamente a confronto due generazioni profondamente diverse di trentenni.

La superficialità del presente contrasta con il senso dell’impegno politico di allora, ma forse è tutto solo un abbaglio, forse anche per Tito e i suoi amici furono il caso e l’imprevisto a decidere le loro sorti.

Quello che più sembra essere significativo, però, è il percorso compiuto da Marcello, il suo arrivare a comprendere i meccanismi che stanno regolando il suo destino.

Sacrosanti, che gli ha affidato il lavoro per la tesi, è forse un deus ex machina in incognito, che ha sottovalutato il guizzo geniale che può nascondersi nel suo allievo.

Alle molte domande che il lettore si pone insieme a Marcello Gori sarà Dario Ferrari a rispondere con un finale davvero a sorpresa, lontano da prevedibili logiche narrative.

Restano, in conclusione, due begli affreschi generazionali, raccontati con uno stile accattivante e pulito, con un rispetto nei confronti della duttilità della lingua oggi poco consueto.

Resta un paradosso, la certezza che sia meglio non avere certezze ed essere pronti a ripensare le proprie granitiche convinzioni.

Che la ricreazione sia finita, a volte, è davvero un bene.

Dario Ferrari, uno sguardo ironico e amaro sulla nostra StoriaAUTORE : Dario Ferrari

TITOLO : La ricreazione è finita

EDITORE : Sellerio

PAGG. 480      EURO 16,00  (versione eBook euro 9,99)

 

 

About Luisa Perlo

Luisa Perlo, Critico Letterario dopo una vita spesa tra i banchi di scuola. Amante dei libri, dei gatti e dei viaggi, considera la lettura lo strumento più efficace per crescere, migliorarsi e trovare il proprio posto nel mondo.

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