Dario Colombo, una storia lontana un secolo

Dario Colombo, una storia lontana un secolo

Dario Colombo, giornalista metà lombardo e metà trentino, per oltre quarant’ anni ha lavorato per i principali periodici, quotidiani, radio e televisioni nazionali.

Grande appassionato di montagna e di storia della Prima guerra mondiale, è autore su questo argomento di numerosi libri, documentari, lavori teatrali e rievocazioni storiche.

Proprio una storia legata alla sua terra, ma poco conosciuta, ha ispirato “Boemia. Il popolo scomparso”, il suo primo romanzo.

Si tratta in sostanza di un romanzo storico che segue i canoni adottati per la prima volta nel XIX secolo e successivamente istituzionalizzati.

Una storia collocata in un tempo sufficientemente lontano da poterla considerare conclusa, personaggi reali che interagiscono con altri di pura fantasia, luoghi ben identificabili nella realtà, un messaggio che attraversa il sottotesto e si caratterizza per la sua universalità.

La letteratura italiana riconosce in Manzoni e nei suoi Promessi Sposi l’eccelso iniziatore di questa forma narrativa e Dario Colombo ne segue rispettosamente le orme, pur nella sua unicità.

Il romanzo storico di Dario Colombo

Le regole del gioco narrativo ci impongono di distinguere nelle pagine di Dario Colombo la Storia e la storia, laddove una lettera maiuscola fa la differenza.

La Storia è quella degli anni 1914-1918, quelli della Prima Guerra mondiale.

Fu la prima grande tragedia collettiva, quella che superò in un tempo rapidissimo tutti gli schemi bellici adottati sino alla fine dell’Ottocento.

Nuove armi insieme a nuove strategie lasciarono sui campi di battaglia milioni di vittime, furono coinvolti ventotto Paesi strategicamente coalizzati, furono cambiati per sempre i confini di numerosi stati.

Questo sfondo tragico, che non fu adeguatamente percepito dai civili, determinò l’avvicendarsi di storie talora dimenticate, ingiustamente lasciate ai margini delle pagine dei libri.

Su una di queste Dario Colombo si è soffermato con l’occhio dello storico, attingendo a un’imponente archivio di lettere, diari e documenti ufficiali.

Ha poi costruito un romanzo i cui riferimenti storici sono precisi, inequivocabili.

Era il 23 maggio del 1915, giorno di Pentecoste, quando, nel giro di poche ore, migliaia di persone, in prevalenza donne, bambini ed anziani, furono costrette ad abbandonare case, campi e quella che fino a quel momento era stata tutta la loro vita, per una destinazione e un futuro ignoti.

Sudditi dell’impero Austroungarico, ma di lingua italiana che abitavano lungo il confine, diedero vita a un vero e proprio esodo di massa, che coinvolse in totale oltre centomila persone.

Partiti dal Trentino (ma anche dal Veneto e dal Friuli) furono disseminati nelle regioni interne dell’Impero: Austria, Moravia e soprattutto Boemia, l’attuale Repubblica Ceca; regioni per loro sconosciute, di lingue e culture diverse.

Tutto quello che fu concesso loro di portare con sé, furono una posata e una coperta e i viveri necessari per alcuni giorni di viaggio.

Tra tutti coloro di cui Dario Colombo immagina una vita lontana da casa per tre lunghi anni, due esistettero realmente, il parroco e la maestra elementare.

Intorno a loro una serie di persone semplici, umili e trattate in prima battuta senza dignità, caricate e trasportate per centinaia di chilometri su carri bestiame che rammentano altre terribili deportazioni.

Dai territori che stavano per essere trasformati in luoghi di battaglia dopo l’entrata in guerra dell’Italia portarono il loro dolore, la memoria dei loro uomini che combattevano per l’Imperatore, lo spaesamento di chi non possiede più nulla, se non la speranza.

La quotidianità stravolta

Protagonisti assoluti del romanzo di Dario Colombo sono donne, bambini e anziani, rimasti nei loro paesini di montagna dopo l’arruolamento dei loro uomini nell’esercito imperiale, nel 1914.

La difficoltà di mantenere vivi i gesti quotidiani indusse le donne a farsi carico anche dei lavori lasciati dagli uomini, creando un fenomeno che esplose alla fine del conflitto, aggravando la situazione dei reduci.

Così è anche per i protagonisti del romanzo, che trovano la forza di non arrendersi alla tragedia per circa un anno.

Ma quando l’Italia entra in guerra con i Paesi dell’Intesa, vivono una realtà sdoppiata: parlano italiano, hanno relazioni di vario tipo con gli italiani che vivono nel Veneto riconquistato nel 1866 ma sono sudditi dell’Impero Austro-Ungarico.

Devono abbandonare i loro paesi perché il Nord Est dell’Italia sta per diventare il luogo dove gli italiani vivranno i loro peggiori momenti, sul Carso, sul Piave o sull’Isonzo.

Ecco perché si dà inizio all’esodo: chiuso nei carri bestiame, il gruppo di cui fanno parte Don Vigilio e la maestra Cecilia raggiungerà la Boemia, lontana dall’Italia.

Un viaggio terribile, privo di dignità per degli esseri umani, senza alcuna percezione di dove si stia andando.

Sono Don Vigilio e Cecilia a mantenere l’ordine, ognuno con la propria rispettabilità.

Dario Colombo ha recuperato le testimonianze del viaggio e lo racconta nelle sue drammatiche tappe, nelle illusioni accese e subito spente, negli incontri casuali e determinanti.

Una volta arrivati nei diversi paesi boemi gli sfollati non hanno riparo né cibo a sufficienza, non capiscono la lingua parlata, non hanno idea del loro futuro.

Superata l’iniziale diffidenza, coloro che li accolgono, compresa la famiglia più nobile e ricca del luogo, iniziano a mostrarsi caritatevoli, a fronte della drammaticità della vicenda che accomuna tutti loro.

Le donne, legate tra loro da profonda amicizia, ottengono di poter lavorare anche se per poca retribuzione, Cecilia si impone di continuare a istruire i bambini che già erano suoi alunni, Don Vigilio diventa caparbiamente l’elemento unificatore dei vari gruppi, l’unico ad avere voce in capitolo con le autorità boeme.

Dario Colombo restituisce a questi esodati un ruolo dignitoso, pur nella povertà.

Soprattutto trasforma le donne in struttura portante, in eroine silenziose che combattono insieme ai loro bambini una piccola e sconosciuta guerra quotidiana per la vita.

Il tempo trascorre nell’attesa delle poche missive che arrivano dal fronte, attese con speranza e paura.

Nascono storie di solidarietà e di amicizia, ma anche sfumate storie d’amore, appena accennate quasi a dar speranza a chi non sa più in cosa credere.

Il destino regala poi a questa comunità la gioia di vedere tornare i propri uomini (sebbene distrutti nel fisico e nella mente) per poter lavorare alla produzione di chiodi da scarponi per i soldati.

E’ gente di montagna, da sempre capace di produrli.

Le marce infinite sotto la pioggia, il gelo, le trincee, la morte quotidiana possono così diventare solo un angosciante ricordo per questi uomini, se sono riusciti a scampare alla morte.

Molti tornano, ma non tutti.

Gioia e dolore sono confusi, povertà e ricchezza non sono in questo caso una discriminante, c’è soltanto il caso che ha deciso per  tutti.

Il pensiero di Dario Colombo

Se c’è un messaggio forte che possiamo ricavare da questa vicenda è che la Storia non guarda in faccia nessuno, gli italiani che ieri erano profughi si trovano oggi ad essere dall’altra parte, ad accogliere chi scappa dalla guerra e dalla miseria.

“Ogni guerra, giusta o meno che sia, rappresenta sempre un evento drammatico che non conosce né vinti, né vincitori, ma spesso è proprio in tempi di barbarie che l’essere umano riesce a dare prova di grande solidarietà verso i propri simili. – sottolinea l’autore Dario Colombo – L’esodo in Boemia è una pagina di storia e un esempio che ci dimostra quanto ciò sia vero e quanto l’amore per la vita vada oltre ogni distinzione di razza, lingua e nazionalità. Boemia è anche la celebrazione di forti legami tra popoli diversi, che anticipano quella che sarebbe diventata, cinquant’anni più tardi, la futura Europa.”

Dario Colombo, una storia lontana un secoloAUTORE : Dario Colombo

TITOLO : Boemia. Il popolo scomparso

EDITORE : Minerva Edizioni

PAGG. 358     EURO 20,00

 

 

 

 

 

 

 

 

About Luisa Perlo

Luisa Perlo, Critico Letterario dopo una vita spesa tra i banchi di scuola. Amante dei libri, dei gatti e dei viaggi, considera la lettura lo strumento più efficace per crescere, migliorarsi e trovare il proprio posto nel mondo.

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