Antonella Lattanzi, quando il racconto si fa catarsi

Antonella Lattanzi, quando il racconto si fa catarsi

Antonella Lattanzi è autrice di “Cose che non si raccontano”, una storia drammatica, impietosamente vera, sfrondata di qualsiasi inutile sentimentalismo.

Pur partendo dal presupposto che non sia così importante stabilire se una storia sia vera o inventata, l’autrice non esita a dichiarare come abbia ribaltato in questo romanzo tutta se stessa, tutto un periodo e un percorso di vita che l’hanno profondamente segnata.

Non si deve essere pietosi nei confronti di nessuno, quando si scrive, tanto meno di se stessi.

Per arrivare a fare del racconto un’esperienza quasi salvifica, un percorso di recupero con risultati positivi bisogna scrutare dentro di sé, senza esitazioni.

Si tratta di riaprire ferite, resuscitare dolori, affrontare le reazioni degli altri, che siano più o meno intimi.

Sono rischi da correre, non c’è altra strada per oggettivare il dolore e provare a farne altro da sé.

Antonella Lattanzi donna affermata e madre: un binomio impossibile?

Il lavoro di Antonella Lattanzi verte interamente sul concetto di maternità.

Per parlarne, sceglie di portare alla luce e trasformare in scrittura tutto il suo vissuto.

Ventenne piena di progetti per il futuro, la scrittrice si trovò per due volte a dover decidere se tenere o no un bambino che avrebbe scombinato i suoi progetti in modo irreversibile.

La sua scelta fu quella di abortire, per continuare sulla strada lavorativa intrapresa, tra scrittura di racconti, romanzi, sceneggiature e collaborazioni giornalistiche.

Poi, arrivata poco distante dai quarant’anni, comprese di essere pronta per un figlio, ma questo la precipitò nel baratro della procreazione assistita.

Fu allora che maturò in lei l’idea del pensiero magico, del destino che ti punisce per ciò che hai fatto nella tua vita.

Hai rifiutato un figlio che già era in embrione, la natura ti punisce impedendoti di diventare madre allorquando lo decidi tu.

Un pensiero irrazionale, ma che si fa spazio quando nulla va per il verso giusto, nessuna positività appare all’orizzonte.

La generazione di Antonella Lattanzi è figlia di genitori che hanno vissuto i grandi cambiamenti, che hanno lottato per l’affermazione di diritti come l’aborto e il divorzio.

Cresciuta da una madre che le ha inculcato questa convinzione, la scrittrice si è poi trovata, come migliaia di altre donne, a fare i conti con la realtà e a dover scegliere non il meglio, ma solo il meno peggio.

Il diritto della donna ad affermarsi nel mondo del lavoro oltre che tra le mura domestiche si è scontrato proprio con questo avverbio, con la necessità di raddoppiare il proprio impegno sino al limite del tollerabile.

E’ il grande inganno che le donne si trascinano dietro, tutte indistintamente, che ha fatto capire come comunque si debba fare una scelta, data la frequente inconciliabilità delle due situazioni.

Antonella Lattanzi non si è mai pentita delle scelte fatte, ma nel suo racconto troviamo la parte nascosta di ciò che ne è derivato, proprio ciò che per vergogna o per paura di giudizio non viene raccontato.

La storia di un cammino fatto di ostacoli e pericoli

Per anni il pensiero di Antonella Lattanzi è stato quello di non dire, nascondere, non parlare della propria storia, come se ciò celasse in sé un vantaggio: se le cose non vengono dette è come se non fossero mai esistite.

Viviamo spesso di inganni e bugie, quelli che rivolgiamo a noi stessi, vittime delle nostre sciocche illusioni.

Il fatto ovvio è che le cose esistono anche se non usi le parole per dirle: e allora è meglio cercarle, queste parole, fissarle su carta, regalarle agli altri, rendendoli complici di un vissuto.

E’ una decisione difficile, perché implica il mettersi a nudo, l’assumersi ogni responsabilità su ciò che si va a narrare, l’accettare tutte le possibili critiche e i giudizi che ne conseguono.

Eppure nel momento stesso in cui viveva ogni drammatico momento della sua maternità la scrittrice sentiva formarsi nella sua testa i pensieri che sarebbero diventati parole, frasi, capitoli.

Il libro è dedicato a chi soffre, nello specifico alle donne che hanno vissuto il suo stesso dolore, la speranza infranta di maternità.

Pagine in cui si narrano momenti di gioia (pochi) e momenti di dolore (tanti), in cui emerge con forza il principio che la maternità è una scelta, non un obbligo imposto e da cui non si può prescindere.

Pagine in cui sono state spalancate porte chiuse sul passato, in cui lo sforzo è sempre stato quello di essere del tutto sincera, in cui tutte le parole che non devono essere dette sono invece state usate.

Aborto ma anche procreazione assistita, calcolo dei giorni fertili, controllo dell’ovulazione, sesso a comando, pick-up senza anestesia e innumerevoli altre, che costellano la strada della speranza.

Antonella Lattanzi, l’ambivalenza della maternità

Le donne che non riescono a rimanere incinte trascinano con sé un dolore che non passa mai, che genera odio nei confronti della maternità altrui, che porta a cercare ogni possibile soluzione al problema.

Il percorso di Antonella Lattanzi, raccontato con precisione scarnificata nelle pagine del libro, è stato questo.

Dalle prime iniziali delusioni alla gioia incontenibile di un test positivo dopo la procedura della maternità assistita il passo è breve, la gioia diventa il sentimento dominante.

Ma nulla di ciò che potrebbe andar male le è risparmiato.

La presenza costante di Andrea, il suo compagno, al suo fianco non basta ad attutire i colpi.

Come ogni donna, è lei a vivere su se stessa il dolore, l’umiliazione inflitta da ostetriche insensibili, la drammaticità di una emorragia, l’assurdità di portare dentro di sé tre gemelli a fronte dell’impianto di due soli embrioni.

Per i medici si tratta di una caso clinico da risolvere in sala operatoria, per la madre è precipitare in un pozzo senza fondo, uno, due, tre bambini, vivranno, moriranno, uno forse, tre mai.

Parlano di percentuali come se non fossero bambini, propongono soluzioni devastanti per dei genitori, applicano protocolli consolidati ma dall’esito incerto, sembrano essere lontani anni luce dai sentimenti più profondi di una coppia.

Antonella Lattanzi avrebbe voluto scrivere una storia a lieto fine, ma la vita fa ciò che vuole, ignora i desideri degli umani, procede nel suo corso con l’indifferenza che le compete.

Proprio le pagine finali del romanzo, quelle in cui la scrittrice scava nel profondo più buio di se stessa sono di una drammaticità devastante, lasciano spazio solo ad una com-passione assoluta, totalizzante, da parte di chi legge.

Dopo un dolore simile, passato e presente, continuare a vivere sembra impossibile, eppure si finge e si va avanti, con la mente sconvolta, i pensieri annientati, il coraggio perso.

Si sopravvive a una vicenda come quella vissuta e raccontata da Antonella Lattanzi?

Sì, cercando le parole per raccontarla, per condividerla, dando voce alle cose che non si raccontano.

Antonella Lattanzi, quando il racconto si fa catarsiAUTORE : Antonella Lattanzi

TITOLO : Cose che non si raccontano

EDITORE : Einaudi

PAGG. 212       EURO 19,00  (versione eBook euro 9,99)

 

 

 

About Luisa Perlo

Luisa Perlo, Critico Letterario dopo una vita spesa tra i banchi di scuola. Amante dei libri, dei gatti e dei viaggi, considera la lettura lo strumento più efficace per crescere, migliorarsi e trovare il proprio posto nel mondo.

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