quiet quitting significato

Lavoro troppo stressante? In molti optano per il quiet quitting

Come si può spiegare il fenomeno del quiet quitting?

Possiamo immaginare la nostra relazione con il lavoro come un rapporto tossico in amore. Siamo stanchi, e anche avviliti: dalla retribuzione, dai mancati ‘successi’, dagli avanzamenti di carriera posticipati, dall’assenza di riconoscimenti, dal totale disinteresse nei confronti della nostra vita privata.

Il successo nella vita e l’accettabilità sociale sembrano essere determinati dalla nostra carriera: insomma, il lavoro oggi ha un ruolo decisamente ingombrante nelle nostre vite.

Ma come siamo arrivati a questa situazione? Forse per colpa di quella che spesso è definita hustle culture, ovvero la dedizione totale (o quasi) al lavoro.

Nata negli Stati Uniti, negli anni si è diffusa anche in Europa, con il risultato di aver portato sempre più persone a rischio di esaurimento nervoso proprio a causa del lavoro.

È finita l’epoca della dedizione totale al lavoro: ecco il quiet quitting

Fare quiet quitting in realtà vuole dire semplicemente lavorare nei tempi e nei modi indicati dal proprio contratto, senza fare straordinari o assumersi responsabilità ulteriori.

Si tratta di persone che decidono di adempiere alle loro mansioni lavorative, ma di non aderire alla cultura del “lavoro è vita” per guidare la loro carriera e distinguersi agli occhi dei superiori.

Ci si attiene ai propri compiti e quando tornano a casa lasciano il lavoro alle spalle e si concentrano su attività di altri tipo: famiglia, amici, hobbies, etc.

È soprattutto la Generazione Z ad abbracciare questo nuovo modo di vivere (il lavoro) e per farlo stabilisce dei limiti che possono essere: non usare il cellulare aziendale fuori dall’orario d’ufficio, fare delle pause intenzionali durante il lavoro, prendere un impegno in pausa pranzo per sciogliere il senso del dovere che ci farebbe finire una riunione mentre mangiamo.

Se i limiti non li mette l’azienda, allora li mettiamo noi!” Questo è il pensiero di chi sceglie il quiet quitting: fare scudo contro il lavoro che invade la vita privata, definire i confini e riconsiderare il ruolo del lavoro.

Da dove nasce questa nuova prospettiva?

I motivi di questo cambiamento di attitudine rispetto al lavoro possono essere molti: da un lato c’è certamente una disillusione nei confronti del mondo professionale e della possibilità di fare carriera, che deriva dalle crisi che si sono susseguite dal 2008 a oggi, e  che hanno reso il panorama del lavoro molto diverso e decisamente meno premiante rispetto al periodo del boom economico degli anni ’80 e ’90.

quiet quitting cos'èI nuovi lavoratori pensano che convenga di più riprendere in mano la propria quotidianità e trovare soddisfazione al di fuori del contesto professionale. Ma non bisogna sottovalutare che il quiet quitting è anche un segnale di chi decide di mollare la presa perché si trova in una situazione di stress sul lavoro e si sta avvicinando pericolosamente al burnout, fenomeno ormai dilagante. Con questo termine nato in ambito sportivo e poi trasportato in quello psicologico si indica uno stato di stress cronico lavoro-correlato, una vera e propria sindrome ormai riconosciuta anche dall’OMS.

Si pensi che secondo un’indagine dell’EU-OSHA, oltre quattro lavoratori su dieci (44%) affermano che lo stress da lavoro è aumentato a seguito della pandemia, e quasi la metà (46%) ha dichiarato di essere esposta a una forte pressione del tempo o a un sovraccarico di lavoro. Inoltre, secondo Bain & Company, i lavoratori italiani under 35 risultano i più stressati d’Europa e avvertono segnali da burnout.

Quiet quitting: cosa deve fare il datore di lavoro?

Che si tratti di una reazione per evitare il burnout o una scelta che deriva da un’ attitudine diversa al lavoro,
con tutta probabilità il quiet quitting è qui per restare, e l’epoca del lavoratore che si immola volontariamente a una disponibilità illimitata e costante è finita.

Ma questo non è necessariamente un male per il datore di lavoro, che ascoltando da vicino le esigenze dei suoi dipendenti potrà avere con sé persone meno sull’orlo della crisi e nell’insieme più soddisfatte e quindi più creative, performanti e disposte a restare.

Il concetto di ‘quiet quitting‘ infatti promuove un approccio attivo e consapevole per affrontare il sovraccarico e lo stress e porta la persona a dare importanza al proprio benessere mentale e fisico.

La chiave è, come accennato, l’ascolto. Per esempio, il quiet quitting potrebbe anche essere un segnale che un dipendente non è felice nella sua posizione e non è detto che in questa situazione non si possa trovare una soluzione che soddisfi sia le necessità aziendali sia quelle del dipendente in questione.

Se l’abbandono silenzioso è invece il sintomo di una vicinanza al burnout, è chiaro che l’azienda deve intervenire per garantire e proteggere la salute mentale del proprio lavoratore. Per convivere con questo fenomeno è chiaro come sia importante per i datori di lavoro non osteggiarlo ma comprenderlo e gestirlo.

Gestire il fenomeno del quiet quitting e del burnout: è possibile?

Per riuscire in questa impresa non semplice è importante avere gli strumenti adatti, sia culturali che pratici.

In primis le aziende dovrebbero sviluppare una cultura aziendale in cui si promuova il benessere, l’importanza di prendersi del tempo per sé e di praticare l’autocura.

quiet quitting lavoroAl contesto culturale andrebbero affiancate delle azioni pratiche che spingano i dipendenti a ristabilire il bilanciamento tra vita privata e lavoro. Infatti, non è un caso se già oggi sempre più aziende stanno inserendo il wellbeing delle persone all’interno della propria strategia di responsabilità sociale d’impresa.

Tra le azioni possibili per supportare il wellbeing dei dipendenti ci sono strumenti che aiutano le persone a prendere consapevolezza del proprio livello di stress. Per esempio gli assessment game, videogiochi basati su parametri psicometrici che restituiscono un’idea dello stato di disagio e anche di eventuale burnout della persona (un esempio italiano è il gioco WorkDown lanciato dalla startup Game2Value).

O ancora, strumenti che supportano i lavoratori nel loro benessere psico-fisico attraverso agevolazioni per lo sport, la nutrizione e la salute psicologica. Tutto questo può contribuire a creare ambienti di lavoro più sani e dipendenti più sereni, e soprattutto un contesto il cui il quiet quitting possa finalmente essere visto e vissuto in termini positivi, ovvero come il ritorno a un mondo del lavoro meno frenetico, che favorisca momenti di pausa per ricaricare le energie, riflessioni su obiettivi e interessi personali, cura della salute fisica e mentale.

 

Copertina: foto di Andrea Piacquadio: https://www.pexels.com/it-it/foto/donna-in-maglietta-rossa-che-esamina-il-suo-computer-portatile-3755761/

Foto di energepic.com: https://www.pexels.com/it-it/foto/donna-seduta-davanti-a-macbook-313690/

Foto di RDNE Stock project: https://www.pexels.com/it-it/foto/ufficio-uomini-donne-business-7888985/

 

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