la musica non c'è

Ascoltare la musica può davvero migliorare la concentrazione?

“La musica è la lingua dello spirito. La sua segreta corrente vibra tra il cuore di colui che canta e l’anima di colui che ascolta”, disse Khalil Gibran, famoso poeta e aforista libanese.

Le parole ‘spirito‘ e ‘segreta corrente‘ inquadrano questa forma d’arte in un limbo sospeso tra il mistero di ciò che non si conosce, ma che intimamente regna dentro di noi.

Ognuno di noi è legato in qualche modo alla musica, e la musica inevitabilmente si è legata ai ricordi di tutti noi, che siano essi tristi o felici.

Tuttavia, come influenza il nostro cervell0? Ascoltare la musica che ci piace stimola davvero memoria e concentrazione? Esistono generi musicali ‘migliori’ di altri sotto questo punto di vista?

Ascoltare la musica: la risposta cerebrale al nostro brano preferito

Cos’hanno in comune Mozart, Rihanna, Eminem e De Andrè?

Tutti loro si occupano, o si sono occupati di musica, direte voi. Anche se, paragonando artisti così diversi, sembra davvero di parlare di universi paralleli tra loro.

Eppure, l’ascolto dei loro brani ci accomuna molto di più di quanto si possa credere. Perchè per quanto siano diversi gli stimoli musicali, il cervello delle persone funziona allo stesso modo.

la musica frasiL’ascolto del genere musicale favorito, qualunque esso sia, attiva sempre uno specifico network di connessioni cerebrali, indipendentemente dal tipo di musica e dalla presenza o meno di parole nelle canzoni.

Uno studio condotto da alcuni ricercatori dell’Università del North Carolina, e della Wake Forest School of Medicine di Winston-Salem (USA) ha preso in esame le risonanze magnetiche funzionali (fMRI) di 21 volontari sottoposti all’ascolto di brani musicali di vario genere. Sono state analizzate tre situazioni: l’ascolto di un pezzo del proprio genere preferito, di un genere che non apprezziamo e del nostro brano preferito in assoluto.

I risultati? Quando sentiamo la nostra canzone preferita, nel cervello si attiva una rete di aree cerebrali chiamata default mode network (DMN): un circuito importante per il lavoro mentale di introspezione e di elaborazione di piani, progetti e azioni, che funziona solitamente quando una persona è sveglia, ma a riposo (nei momenti, cioè, in cui possiamo lasciare la mente libera di vagare). Lo stesso circuito si disattiva temporaneamente quando ascoltiamo una canzone che non ci piace.

Ma non è tutto. Il nostro brano preferito sembra potenziare la connettività tra le regioni cerebrali che processano gli stimoli uditivi e l’ippocampo, una struttura cerebrale implicata nel consolidamento della memoria e delle emozioni sociali. Entrambe le condizioni si verificano indipendentemente dal genere cui appartiene la canzone preferita, e sia essa con o senza parole.

Effetto Mozart: mito o realtà?

Il cosiddetto ‘effetto Mozart‘ fu reso noto al grande pubblico nel 1993. In un articolo apparso sulla rivista Nature un’equipe di neurobiologi dell’Università della California a Irvine sosteneva che facendo ascoltare agli studenti 10 minuti di Sonata, i soggetti dimostravano un miglioramento nelle capacità di ragionamento spazio temporali.

Quattro anni dopo, un insegnante di musica del Texas pubblicò un libro su questo argomento che divenne un bestseller.

Gran parte del mondo scientifico sostiene che l’effetto Mozart sia solamente un mito. Ascoltare musica, in particolare musica piacevole come quella del compositore austriaco, fa aumentare il livello di dopamina (un neurotrasmettitore che solleva il tono dell’umore) nel cervello, fattore che molto probabilmente migliora le prestazioni cognitive.

Alcuni anni fa dei ricercatori dell’Università del Texas Health Science Center di Houston hanno osservato che i chirurghi che ascoltavano Mozart prima di cercare i polipi nel colon di un paziente ne trovavano percentualmente di più di chi non aveva ascoltato musica. Tornando al discorso di prima, quindi, la ragione sarebbe da ricercare nei gusti dei medici, rispetto alla qualità della musica stessa. Pertanto, se fossero stati appassionati della musica dei Queen, il risultato sarebbe stato lo stesso.

Musica e produttività sul lavoro

C’è chi ritiene, invece, che a diverse tipologie di musica corrispondano diversi livelli di performance.

Business Name Generator (che fa parte del Performance Marketing Group Marketzoo) ha analizzato le canzoni più popolari di 61 playlist come sottofondo per lavorare, in Italia e nel resto del mondo. Ha poi svolto un esperimento, chiedendo ai partecipanti di completare un incarico scritto, accompagnati dal sottofondo musicale, per determinare quali sono le canzoni migliori e quali le peggiori per aumentare la produttività sul lavoro.

Memories‘ dei Maroon 5 ha dimostrato di migliorare la produttività; i partecipanti alla ricerca hanno completato un incarico di lavoro in meno di 3 minuti e 50 secondi con un punteggio di precisione del 96%.

La versione di ‘Beggin‘ dei Måneskin è risultata essere la canzone che disturba di più come sottofondo, se utilizzata mentre si svolge l’incarico; lo dimostrano le appena 46 parole al minuto digitate, il numero più basso in assoluto.

Tuttavia, in assenza di sottofondo musicale, i partecipanti hanno impiegato, mediamente, 20 secondi in più per completare il compito richiesto.

La musica: un ‘linguaggio’ innato caratteristico della nostra specie

La storia che lega la specie umana alla musica è molto più antica di quanto si possa pensare.

Un esempio? Il primo strumento musicale è stato creato dall’uomo di Neanderthal circa 60.000 anni fa dalla tibia sinistra di un orso delle caverne. L’osso, dopo esser stato levigato e inciso, appariva come una versione rudimentale di un moderno flauto, con tanto di buchi e bocchino e capace di emettere suoni complessi.

cos'è la musica
Enrico Grassi

“Questa scoperta dimostra inevitabilmente che il legame tra uomo e musica è ancora più antico. La musica, infatti, potrebbe essere nata per diversi motivi. Una delle ipotesi più accreditate è la teoria della selezione sessuale, secondo la quale la musica sarebbe servita come rito per incentivare l’accoppiamento con alcuni individui rispetto ad altri. La musica, inoltre, potrebbe essere nata come fenomeno sociale poichè incentiva l’aggregazione. O ancora, potrebbe essere una forma di protolinguaggio che consentiva agli uomini primitivi di condividere stati d’animo ed emozioni“, spiega Enrico Grassi, coordinatore nazionale del gruppo di studio Neuroscienze del comportamento della SNO (Società dei Neurologi Neurochirurghi Neuroradiologi Ospedalieri italiani) e SOC Neurologia dell’Ospedale di Prato.

La musica, infatti, sembra appartenerci così tanto da poter essere quasi considerata una dote innata. Poche persone possono vantare studi teorici e pratici in questo ambito, eppure tutti noi siamo in grado di giudicare un brano o una melodia secondo i nostri gusti soggettivi.

“Esistono studi che evidenziano reazioni diverse alla musica tonale e atonale persino da parte dei neonati“, aggiunge Grassi. La musica tonale è quella a cui siamo abituati, basata su melodie, scale, accordi che creano una sorta di prevedibilità del suono che si ascolta e ascolterà. Quella atonale, al contrario, è molto più difficile da comprendere e decifrare per i non esperti.

La musica e il circuito del reward

Una caratteristica fondamentale della musica che siamo abituati ad ascoltare è un giusto equilibrio tra novità e aspettative rispettate. Le scale, gli accordi e le armonie che si creano ci aiutano a seguire il ‘percorso’ della sinfonia. Il bravo artista, però, sa aggiungere al suo pezzo quel tocco di novità (all’interno della melodia stessa) che appaga il nostro cervello, senza mandarlo eccessivamente in confusione.

“La musica, infatti, attiva il circuito del reward (ricompensa o gratificazione) a livello cerebrale, esattamente come un bel quadro o un rapporto sessuale“, aggiunge Grassi.

Il nostro cervello, appagato grazie all’ascolto, attiva molte aree. Tra queste, per esempio, quella che controlla il movimento. Infatti, a chi non è mai capitato quasi istintivamente di tenere il tempo con i piedi, schioccare le dita o muoversi a tempo di musica?

 

 

Copertina: foto di Thibault Trillet: https://www.pexels.com/it-it/foto/cantante-che-canta-sul-palco-accanto-al-chitarrista-e-al-bassista-167636/

Foto di Sound On: https://www.pexels.com/it-it/foto/donna-in-maglione-grigio-che-indossa-le-cuffie-bianche-3756943/

About Umberto Urbano Ferrero

Umberto Urbano Ferrero, collaboratore - Torinese d’origine, cittadino del mondo per credo. Laureato in Lettere moderne, ama l’arte in tutte le sue forme e viaggia per conoscere il mondo, oltre che se stesso. Umberto è appassionato di sport e Urbano, al contrario di ciò che l’etimologia suggerisce, apprezza la vita a contatto con la natura. Ritiene la curiosità una delle principali qualità in una persona, caratteristica essenziale per guardare il mondo da più angolazioni.

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