barbabietola da zucchero

Quali sono le principali tipologie di zucchero? Meglio fruttosio o saccarosio?

Zucchero? Normale o di canna? Quante volte ci sentiamo porre questa domanda quando prendiamo un caffè, che sia al bar, al ristorante oppure in un momento di ospitalità da gente ‘che se ne intende’?

Una domanda erronea che pone un poco a disagio chi sull’argomento sa qualcosa.

Dei quasi 200 milioni di tonnellate di zucchero che si producono nel mondo, circa l’80% è zucchero di canna, il restante 20% è dato per la quasi totalità da quello ottenuto dalla barbabietola in quanto l’acero, la palma da dattero e altri pochi vegetali saccariferi hanno una partecipazione marginale. Dunque, in termini statistici, lo zucchero ‘normale’ è quello di canna.

L’equivoco nasce dalla considerazione di quello ambrato come zucchero di canna e di quello bianco di … non si sa che.

Ma è un problema che pare non si siano posti neppure gli esperti di marketing.

Lo zucchero influenza il sapore di molti dei prodotti della nostra quotidianità

zucchero
Luigi Odello

“Dobbiamo però porcelo noi sensorialisti, perché lo zucchero finisce nella larga maggioranza dei 2,5 miliardi di tazze di caffè che vengono consumate giornalmente nel mondo, in una quantità incalcolabile di tisane, in tavolette di cioccolato di alta qualità e in centinaia di altri prodotti che, per natura, possono subire variazioni sensoriali dovute allo zucchero. In parole povere, solo per semplificare, il produttore di un caffè eccellente non ha solo la variabile di chi lo prepara al bar o in casa, ma anche del dolcificante che usa al momento del consumo”,  spiega Luigi Odello, giornalista, enologo e professore di Analisi sensoriale presso le Università di Verona, Udine e Cattolica del Sacro Cuore.

“Ecco, abbiamo usato una parola che amplierebbe enormemente il discorso: dolcificante. In futuro torneremo sull’argomento, per ora ci fermiamo agli zuccheri, per la precisione al saccarosio. E ne abbiamo già abbastanza, perché il nostro dimero (è formato da una molecola di glucosio e una di fruttosio), oltre al sapore dolce, può essere portatore di una serie più o meno consistente di molecole aromatiche che, naturalmente, possono variare il profilo percepito dell’elaborato finale”, aggiunge l’esperto.

In questo senso agisce secondo i cinque meccanismi che regolano gli abbinamenti: enfasi, completamento, coerenza, congruenza e memoria.

La personalità degli zuccheri

Di per sé il saccarosio è una molecola non volatile e di conseguenza non ha odore, quindi lo zucchero, come viene chiamato nel linguaggio comune, apporta dolcezza e corpo (sciropposità), ma non dà contributo aromatico salvo il fatto di contribuire alla persistenza di note retrolfattive.

“Ma minore è il livello di purificazione e maggiore è la quantità di molecole aromatiche che vengono mantenute nel prodotto anche dopo cristallizzazione. Lo spettro è davvero molto ampio e presenta un numero elevato di classi chimiche: terpeni, alcoli, acidi, esteri, alcani, alcheni, aldeidi, ammine, chetoni, pirazine, piridine, pirroli e altre ancora”, spiega Odello.

La tipologia e la quantità di molecole che si ritrovano sono in funzione della varietà della canna dalla quale il prodotto viene estratto, dalle condizioni di coltivazione (luce, terreno, piovosità ecc.), dal sistema di raccolta e trasporto e, decisamente influente, dal processo che porta alla produzione dello zucchero.

“Per questo, se le molecole ricavate attraverso un’analisi chimica sono state 125, i giudici sensoriali che hanno successivamente condotto l’analisi hanno espresso e valutato per livello di intensità ben 77 descrittori di caratterizzazione, poi pesati dal software Big Sensory Soft 2.0″, aggiunge l’esperto.

Come abbinare correttamente lo zucchero?

zucchero di cannaLa ricerca pone quindi le basi per cominciare a ragionare su un utilizzo attento dello zucchero per migliorare le ricette nelle quali viene impiegato allontanandosi dall’errore di considerare gli zuccheri non raffinati tutti uguali. In proposito, seguendo i criteri di cui sopra, ecco di seguito alcuni esempi degli abbinamenti più appropriati:

1. Zucchero di canna: eclettico, per non prevalere mai sull’identità sensoriale delle bevande che dolcifica, siano esse caffè (meglio se espresso) o tè e altro ancora.

2. Zucchero dalle Mauritius: qualsiasi bevanda o preparazione gastronomica in cui sia di rigore il rispetto del profilo sensoriale. Con caffè, soprattutto espresso di alta qualità è perfetto.

3. Zucchero dalla Thailandia: perfetto per l’Espresso Italiano in quanto apporta dolcezza senza modificarne il profilo aromatico.

4. Zucchero Dulcita: accentua la complessità delle tisane dal deciso aroma vegetale (camomilla, melissa, passiflora) e bilancia bene quelle con aromi di liquirizia e rabarbaro. Ottimo per rafforzare budini e dolci al cioccolato.

5. Zucchero Mascobado: ideale con il cioccolato, per una bevanda calda, nei dolci e nella pasticceria. Ottimo ingrediente per torte alla nocciola e con tutti i dolci a sfondo caramellato.

6. Zucchero Manduvirà: da provare nelle tisane di carcadè, ma accompagna bene le bevande calde delicate in genere.

7. Zucchero Demerara: caffè americano, meglio se di Arabica a tostatura chiara, composte di frutta, torte lievitate.

8. Zucchero Picaflor: perfetto sul tè, di qualunque tipologia, perché ne compendia ed esalta le note aromatiche di fondo.

Quali sono le principali differenze tra fruttosio e saccarosio?

Il fruttosio è un monosaccaride (zucchero semplice) presente nella frutta, nel miele e nei vegetali. È un carboidrato che viene assorbito velocemente dall’intestino tenue e trasportato nel fegato dove diventa glucosio.

La combinazione tra fruttosio e glucosio dà vita al saccarosio ovvero il classico zucchero da cucina.

“Il saccarosio andrebbe evitato se si vuole seguire un’alimentazione sana. Nei miei dolci propongo il fruttosio perché è un dolcificante che ha un basso IG, indice glicemico (20) a differenza del saccarosio che ne ha 70. Questo permette di non influire negativamente sulla glicemia e quindi attivare solo minimamente la risposta insulinica che causa ingrassamento. Importante anche sottolineare che il fruttosio ha un potere dolcificante pari a quasi il doppio rispetto allo zucchero da cucina, a parità di peso dolcifica il doppio, ne serve perciò una minore quantità, senza gravare però sulla glicemia“, aggiunge Paolo Bianchini, consulente nutrizionale e nutraceutico di Salò e autore del Metodo Bianchini.

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